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giurisprudenza

Delle ipotesi di applicabilità dell’art. 22 del codice deontologico forense

La suprema Corte – con la sentenza in epigrafe – ha ritenuto che l'avvocato non viola gli obblighi derivanti dal rapporto di colleganza, ( di cui all'art. 22 del codice deontologico forense) qualora – avuta conoscenza del dispositivo di una sentenza favorevole al proprio rappresentato, seppure in assenza della comunicazione da parte del cancelliere ex art. 136 cpc – ometta di notiziare il collega di tale dispositivo, e chiesta copia autentica della sentenza integrale, la notifichi alla controparte.
Difatti, le parti e i loro difensori possono (e devono) avere “notizia legale” dell'esito di un procedimento giurisdizionale esclusivamente a mezzo della “comunicazione della sentenza”, di cui all'art. 133, comma 2°, cpc, cioè tramite biglietto di cancelleria contenente il dispositivo, comunicato ai sensi dell'art. 136 cpc.
Le Sezioni Unite, tuttavia, hanno ulteriormente ribadito che costituisce un illecito disciplinare la violazione da parte dell'avvocato del dovere di lealtà e di correttezza nei confronti del collega di controparte, la cui osservanza può anche richiedere – in talune circostanze – di informare l'avvocato di controparte circa le iniziative intraprese a tutela delle ragioni del proprio assistito.
Ne consegue che viola l'art. 22 citato l'avvocato che, sulla base di una sentenza favorevole al proprio cliente, nonostante la modestia – in relazione alle condizioni economiche del debitore – del credito accertato nella pronunzia giurisdizionale e, pur in assenza di un rifiuto esplicito di dare esecuzione spontanea alla sentenza, notifichi al debitore atto di precetto (così aggravando la posizione debitoria di questi), senza aver previamente informato il collega avversario della propria intenzione di dare corso alla procedura esecutiva.