Direttore Responsabile:

Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

giurisprudenza

Deposito della copia notificata del ricorso in cassazione priva di attestazione di conformità: non sempre si ha improcedibilità del ricorso (Cass., Sez. Un., 24 settembre 2018, n. 22438)

Con la sentenza in esame le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno esercitato il potere ex art. 363 c.p.c. di pronunciarsi in ordine al principio di diritto che il giudice di merito avrebbe dovuto applicare, nonostante le parti avessero efficacemente rinunciato al ricorso.

Le Sezioni Unite tornano così sulla questione della procedibilità, ex art. 369 c.p.c., del ricorso in Cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo pec, ma depositato, insieme alle copie cartacee del messaggio di pec e delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna, in copia analogica informe (ossia priva dell’attestazione di conformità ex art. 9, L. 53/1994).

Sul punto, la Suprema Corte ribadisce che, seppur in una dimensione esclusivamente analogica (i.e. cartacea) qual è il giudizio in Cassazione, è pur sempre ammissibile la formazione digitale del ricorso e il suo deposito in copia cartacea autenticata.

Ciò premesso, in primo luogo, le Sezioni Unite escludono l’improcedibilità del ricorso nel caso in cui il ricorrente depositi il ricorso notificato via pec in copia analogica informe, nell’ipotesi in cui il controricorrente destinatario della notifica (i) depositi la copia notificata del ricorso da questi ricevuta, ritualmente autenticata, o (ii) non disconosca la copia informe del ricorso depositata dal ricorrente.

Per pervenire a tali conclusioni, la Suprema Corte richiama un proprio risalente orientamento secondo cui “il deposito nella cancelleria della Corte di Cassazione di una copia informe del ricorso, anziché, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 1, dell’originale, non determina improcedibilità del ricorso medesimo, qualora non vi siano dubbi sulla conformità all’originale della copia” (sulla base di tale orientamento è stata considerata sufficiente ai fini dell’art. 369 c.p.c. la cd. copia velina del ricorso, ossia la copia del ricorso munita della dichiarazione dell’ufficiale giudiziario attestante solo l’avvenuta notifica).

Nel caso di specie (ossia nel caso di deposito di copia informe del ricorso in cassazione notificato via pec), osserva la Suprema Corte, la verifica della conformità tra la copia del ricorso depositata e l’originale notificato può esser effettuata solo dal controricorrente: ciò in quanto l’originale informatico del ricorso è lo stesso che il controricorrente ha ricevuto.

Inoltre, la circostanza che non sia possibile effettuare depositi telematici nel giudizio in Cassazione impedisce all’organo giudicante di avere materialmente l’originale informatico, con conseguente valorizzazione del compito di verifica posto in capo al controricorrente anche dall’art. 23, comma 2, del codice dell’amministrazione digitale.

In ogni caso, precisano le Sezioni Unite, non potrà aversi procedibilità del ricorso ove la relativa copia notificata (informe o meno che sia) venga depositata oltre il termine previsto dall’art. 369 c.p.c.

Su tali premesse, conclude la Suprema Corte, possono ipotizzarsi ulteriori fattispecie in cui il deposito del ricorso notificato in copia informe non determini, di per sé, l’improcedibilità del ricorso.

In particolare, ove anche solo uno dei destinatari della notifica a mezzo pec del ricorso nativo digitale non si costituisca in giudizio, il ricorrente avrà l’onere di depositare, ex art. 372 c.p.c., l’attestazione di conformità mancante sino all’udienza di discussione o alla camera di consiglio. In difetto, il ricorso sarà dichiarato improcedibile.

Ancora, nel caso in cui il controricorrente disconosca la conformità all’originale della copia analogica informe del ricorso depositata, sarà onere del ricorrente, nei medesimi termini di cui sopra, depositare l’attestazione di conformità mancante. In difetto, il ricorso sarà parimenti dichiarato improcedibile.

A cura di Giulio Carano