Con l’ordinanza in commento la Corte di Cassazione, affidandosi ai propri numerosi precedenti sul punto, fornisce precisazioni e specificazioni in ordine alla tempestività del deposito telematico dell’atto giudiziale.
Viene infatti ribadito che se è pur vero che il termine di deposito si intende rispettato con la ricevuta della c.d. seconda pec, è tuttavia altrettanto vero che tale perfezionamento è in ogni caso subordinato all’esito positivo dei successivi controlli automatici e di cancelleria (cfr. Cass. n. 27654 del 2022, in motiv.; Cass. n. 28982 del 2019; Cass. SU n. 28403 del 2023, in motiv.).
Ne consegue che in caso di esito negativo del procedimento di deposito telematico dell’atto, la parte deve, alternativamente:
a) procedere alla sua rinnovazione, previa rimessione in termini a norma dell’art. 153, comma 2, c.p.c., ove ve ne siano i presupposti (vd. Infra);
b) provvedere senza indugio ad un ulteriore deposito con esito positivo, rendendo così superflua la pronuncia sull’istanza di rimessione in termini da parte del giudice (Cass. n. 29357 del 2022; conf., più di recente, Cass. n. 19307 del 2023).
Dunque, in assenza delle pec successive alla seconda oppure nel caso in cui la terza o la quarta pec diano esito negativo, la parte non potrà ritenersi per ciò solo decaduta dal deposito ma, a fronte del mancato perfezionarsi del medesimo, avrà l’onere di attivarsi quanto più tempestivamente possibile, per rimediare a tale mancato perfezionamento, procedendo ad un nuovo deposito (da ritenersi nei termini, stante il primo tentativo, e quindi dovendosi considerare il nuovo deposito come continuazione della precedente attività Cass. n. 6743 del 2021) oppure alla tempestiva formulazione di una richiesta di rimessione in termini (Cass. n. 1348 del 2024, in motiv.).
Nel caso in esame parte ricorrente otteneva la seconda pec nei termini di legge fissati per la proposizione dell’azione di opposizione allo stato passivo del fallimento, ma si rendeva conto solamente dopo un anno che tale deposito era stato illegittimamente rifiutato dalla cancelleria a causa del mancato pagamento del contributo unificato. Chiedeva pertanto di essere rimessa in termini, anche alla luce della pacifica illegittimità del rifiuto opposto dalla cancelleria al deposito dell’atto. Il giudice di merito, ritenuto che la seconda pec veniva ricevuta dall’opponente tempestivamente e che il rifiuto del deposito da parte della cancelleria fosse pacificamente illegittimo, riteneva il deposito validamente perfezionato, senza necessità di doversi pronunciare sulla richiesta rimessione in termini, pur formulata dalla stessa parte opponente.
La Corte di Cassazione, in applicazione dei principi sopra sintetizzati, ha ritenuto che la società opponente, a fronte del deposito telematico riscontrato dalla RdAC entro il termine per la proposizione dell’opposizione allo stato passivo, poteva maturare un legittimo affidamento sulla tempestività del gravame medesimo, a condizione, però, che le successive pec (indipendentemente dal momento del loro generarsi, e quindi anche ove generate in un momento successivo alla scadenza del termine) dessero esito positivo.
Viceversa, a fronte del mancato ricevimento della c.d. “quarta pec” (in conseguenza del rifiuto della cancelleria), il profilo della tempestività del gravame risultava travolto dalla irritualità del suo deposito, non potendosi considerare come tempestiva un’opposizione che, seppur in conseguenza di un rifiuto non consentito, sia stata sottratta all’esame sia dell’organo giurisdizionale sia della controparte opposta.
Ribadisce dunque la Corte di Cassazione che, a fronte del mancato ricevimento della quarta pec, la ricorrente aveva due possibilità:
a) reiterare la procedura di deposito telematico (che, ove effettuata con esito positivo, si sarebbe posta in continuità con la prima procedura di deposito ed avrebbe potuto quindi essere considerata tempestiva, dovendosi valorizzare non la data del secondo deposito telematico eseguito dopo il rifiuto della “busta”, ma la data della “RdAC” del primo deposito (sempre Cass. n. 6743 del 2021));
b) presentare un’istanza di rimessione in termini, che, peraltro, è ammissibile solo se presentata entro un lasso di tempo contenuto e rispettoso del principio della durata ragionevole del processo, tenendo altresì conto della necessità di svolgere accertamenti e verifiche presso la cancelleria (Cass. n. 1348 del 2024, in motiv.).
E che pertanto il giudice di merito avrebbe dovuto pronunciarsi sulla proposta istanza di rimessione in termini verificandone la fondatezza alla luce dei principi che la regolano, ossia: effettiva presenza di un “fatto ostativo che risulti oggettivamente estraneo alla volontà della parte” istante, alla stessa non imputabile e dalla stessa non determinato (Cass. n. 11029 del 2023), “riferibile ad un evento che presenti il carattere dell’assolutezza, e non già un’impossibilità relativa, né tantomeno una mera difficoltà”, e che si collochi, pertanto, del tutto al di fuori della sua sfera di controllo (cfr. Cass. SU n. 4135 del 2019, in motiv.; Cass. SU n. 27773 del 2020; Cass. n. 19384 del 2023; Cass. n. 25228 del 2023; Cass. n. 18435 del 2024); “immediatezza della reazione”, da intendere come tempestività del comportamento della parte di fronte al verificarsi del “fatto ostativo”, e cioè come prontezza dell’attivarsi, appunto, per superarlo o comunque per porre rimedio alla situazione che si è così venuta a determinare (cfr., Cass. SU n. 4135 del 2019; Cass. n. 11029 del 2023; Cass. n. 22342 del 2021; Cass. n. 25289 del 2020; Cass. n. 32296 del 2023).
Veniva pertanto accolto il ricorso presentato dal Fallimento avverso la decisione di merito, con rinvio per nuovo esame della fattispecie fattuale alla luce dei rilevati principi di diritto al giudice di merito.
A cura di Silvia Ventura