Con l’ordinanza in commento la Corte di Cassazione ribadisce alcuni rilevanti principi di diritto in materia di processo civile telematico ed in particolare con riferimento al deposito telematico degli atti.
Viene ricordato anzitutto che il meccanismo del deposito telematico è una fattispecie a formazione progressiva. Conseguentemente, se è vero che la tempestività del deposito telematico deve essere verificata avendo riguardo al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna (RdAC), si specifica anche che ai fini della regolarità del deposito è necessario che vengano generate anche le successive p.e.c. e che l’esito del deposito sia positivo.
Ne consegue che in tali ipotesi (mancata generazione della terza e/o della quarta p.e.c. o esito negativo del deposito) la parte ha l’onere di attivarsi con immediatezza per rimediare al mancato perfezionamento del deposito telematico svolgendo, alternativamente, le seguenti attività: 1) provvedendo ad un nuovo deposito, da considerarsi tempestivo in quanto in continuazione con la precedente attività, previa contestazione delle ragioni del rifiuto da parte della cancelleria; 2) formulando una tempestiva istanza di rimessione in termini ove la decadenza si assuma in effetti avvenuta ma per fatto non imputabile alla parte.
Si aggiunge inoltre che nel primo caso, a fronte di un’apparente regolarità della dinamica comunicatoria, la parte assolve l’onere di completezza delle proprie deduzioni allegando le ragioni del rifiuto indicate dalla cancelleria all’interno della quarta p.e.c. e contestando la fondatezza delle stesse, mentre spetta alla controparte promuovere e fornire la prova di eventuali contestazioni diverse da quelle che hanno giustificato il rifiuto.
Avuto poi specifico riferimento alle ragioni del rifiuto del deposito nel caso in esame, la Corte di Cassazione precisa altresì che il deposito del ricorso ex art. 98 L.Fall. effettuato in via telematica utilizzando un registro diverso da quello degli affari contenziosi non determina alcuna nullità, ma una mera irregolarità.
Nel caso di specie il giudice delegato al fallimento non ammetteva al passivo della procedura il credito vantato da Beta s.c. a r.l. in quanto, a seguito della comunicazione del rifiuto del deposito telematico del ricorso in opposizione allo stato passivo, avvenuta pacificamente in data 18 marzo 2016, aveva depositato un’ulteriore impugnazione in forma cartacea il 30 marzo 2016, chiedendo di essere rimessa in termini in data 1 aprile 2016. Il giudice di merito rilevava che non poteva dirsi dimostrato che il ricorso in opposizione fosse stato depositato in via telematica già il 14 marzo 2016, poiché Beta aveva prodotto, a dimostrazione di questa circostanza, unicamente un file in formato pdf contenente la scansione delle stampe di quattro messaggi p.e.c. dalle quali si poteva evincere la prova dell’avvenuto deposito telematico nella casella p.e.c. in uso alla cancelleria civile del Tribunale di un messaggio p.e.c. riferito a un “ricorso generico”, senza che fosse possibile minimamente inferire dalle stesse il contenuto effettivo di quanto depositato, né, tanto, meno, il registro di cancelleria in relazione al quale il deposito era avvenuto.
La Corte di Cassazione, investita della questione, tenuto conto dei principi sopra espressi, rilevava che Tribunale, una volta constatata la presenza in atti delle quattro ricevute generate dal sistema a seguito della procedura di deposito telematico, a cui era correlata la verifica della tempestività del ricorso in opposizione a prescindere dal registro utilizzato, non poteva pretendere che l’opponente desse prova anche “del contenuto effettivo di quanto depositato”, e, tanto meno, “del registro di cancelleria in relazione al quale il deposito stesso era avvenuto” (pag. 5 del decreto impugnato), ma doveva verificare esclusivamente se parte opponente si fosse attivata quanto più tempestivamente possibile per rimediare al mancato perfezionamento del deposito, in modo da consentire di considerare il nuovo deposito come continuazione della precedente attività, e se le ragioni addotte dalla cancelleria a giustificazione del rifiuto dell’atto potessero ritenersi legittime.
A cura di Silvia Ventura