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giurisprudenza

Deve essere riconosciuta l’ammissione al patrocinio a spese dello stato nei procedimenti di mediazione ex art. 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 conclusi con conciliazione della lite (Corte Cost., 20 gennaio 2022, n. 10)

Con la sentenza in commento, dai rilevanti risvolti pratici in materia di patrocinio per i non abbienti, la Corte Costituzionale è intervenuta con una sentenza additiva che ha dichiarato la parziale incostituzionalità degli artt. 74 comma 2, 75 comma 1 D.P.R. n. 115/2002 nella parte in cui non permettono l’ammissione al patrocinio a spese dello stato per l’attività difensiva svolta nell’ambito dei procedimenti di mediazione di cui all’art. 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 quando nel corso degli stessi è stato raggiunto un accordo, nonché dell’art. 83, comma 2 D.P.R. 115/2002, nella parte in cui non prevede che, in tali fattispecie, alla liquidazione in favore del difensore provveda l’autorità giudiziaria che sarebbe stata competente a decidere la controversia.

La pronuncia ha avuto ad oggetto il giudizio di legittimità costituzionale degli articoli sopra richiamati poiché, secondo le ordinanze di rimessione del Tribunale di Oristano e del Tribunale di Palermo, le predette norme – non permettendo al non abbiente l’ammissione al patrocinio a spese dello stato nei procedimenti di mediazione obbligatoria conclusi con conciliazione della lite – violerebbero gli artt. 3 e 24 comma 3 Cost.

Le norme richiamate, infatti, assicurano la possibilità di ricorso all’istituto del patrocinio a spese dello stato soltanto in ipotesi di apertura del “processo” da parte dell’autorità giudiziaria “che ha proceduto” (che evidentemente non interviene qualora la parti raggiungano un accordo in mediazione) e ciò nonostante l’obbligatorietà, in talune materie, dell’esperimento del tentativo di mediazione che costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

La Corte Costituzionale, nella propria parte motiva, conferma che le norme sottoposte al vaglio di costituzionalità disciplinanti il patrocinio per i non abbienti, al momento della loro entrata in vigore, fossero state effettivamente pensate in chiave esclusivamente processuale, escludendo così le attività prodromiche quale è l’esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione ex art. 5 comma 1bis D.Lgs 28/2010, senza che successivamente sia stato previsto un necessario raccordo tra le norme. Tale circostanza appare suffragata anche dalla legge delega in materia di riforma del processo civile (L. 26 novembre 2021, n. 206), recentemente approvata, che ha incaricato il Governo di prevedere un’estensione del patrocinio a spese dello Stato per le procedure di mediazione e di negoziazione assistita. Tale nuova previsione legislativa, tuttavia, non vale ad escludere la momentanea applicazione degli articoli censurati.

Nel merito delle proprie argomentazioni, la Corte Costituzionale, in accordo con quanto espresso dai giudici della rimessione, ha ritenuto che gli artt. 74, comma 2, 75, comma 1, e 83, comma 2, t.u. spese di giustizia fossero parzialmente in contrasto con il dettato costituzionale sotto molteplici profili.

Anzitutto, è stato riscontrato come il procedimento di mediazione, nelle ipotesi di cui all’art. 5 comma 1bis D.Lgs 28/2010, si pone come una “forma di giurisdizione condizionata avente finalità deflattiva”, pertanto, è irragionevole e “distonico” escludere dalle ipotesi di ammissione al patrocinio a spese dello stato proprio l’attività difensiva che – oltre ad essere obbligatoria – ha portato a raggiungere le finalità di riduzione del contenzioso che il legislatore si era posto con l’introduzione delle ADR.

Inoltre, a giudizio della Corte e sotto altro profilo, le norme censurate comprimerebbero l’effettività del diritto di difesa dei non abbienti, rendendo più difficoltoso l’accesso alla giustizia, obbligandoli ad avviare a proprie spese il procedimento di mediazione obbligatoria ovvero a rinunciare a far valere il proprio diritto per l’impossibilità di sostenere i costi del medesimo procedimento.

La Corte Costituzionale, pertanto, nel dichiarare la parziale incostituzionalità delle norme oggetto della rimessione, sottolinea “il radicale vulnus arrecato dalle norme censurate al diritto di difendersi dei non abbienti in un procedimento che, per un verso, è imposto ex lege in specifiche materie e che, per l’altro, è strumentale al giudizio al punto da condizionare l’esercizio del diritto di azione e il relativo esito.”

A cura di Sofia Lelmi