Il giudizio di merito che ha portato alla pronuncia in esame nasceva da una domanda risarcitoria formulata da una società nei confronti del proprio ex Avvocato; spiegava la ricorrente che aveva conferito incarico all’Avvocato di proporre un’azione revocatoria nel 1990 in relazione a un atto di compravendita intervenuto tra una società sua debitrice ed un terzo. L’azione revocatoria veniva accolta. Nel 2010, quindi, la società assoggettava l’immobile in relazione al quale era risultata vincitrice in revocatoria ad esecuzione immobiliare. Allegava però di aver appreso solo in quella data che la domanda giudiziaria relativa alla revocatoria, risalente al 1990, era stata trascritta nei registri immobiliari dall’Avvocato solo nel 1996, oltre due anni dopo l’iscrizione ipotecaria effettuata da un istituto di credito sullo stesso immobile oggetto dell’azione revocatoria. La ricorrente assumeva quindi di aver subito un danno dalla condotta del proprio Avvocato perché, la negligenza di costui, le avrebbe impedito di soddisfarsi proficuamente sul ricavato della vendita del bene pignorato o, quanto meno, mediante una eventuale richiesta di assegnazione del bene pignorato.
Il Tribunale di merito, pur ritenendo provato l’inadempimento dell’Avvocato, rigettava la domanda risarcitoria perché mancante la prova dell’asserito danno subito dalla ricorrente. Aggiungeva il Tribunale che si sarebbe potuto configurare al più un ipotesi di danno da perdita di chance; domanda tuttavia non spiegata dalla società ricorrente. La Corte D’Appello confermava da par suo il rigetto della domanda risarcitoria della società ricorrente, ribadendo che non era emersa la prova in giudizio che se fosse stata tempestivamente trascritta la domanda giudiziale, la società appellante avrebbe visto soddisfatto il proprio credito nell’esecuzione immobiliare.
La Corte di Cassazione, adita tempestivamente dalla società asseritamente danneggiata, rigettava il ricorso sulla base delle seguenti considerazioni: l’accoglimento dell’azione revocatoria rende l’atto dispositivo inefficace, ma non attribuisce all’attore vincitore alcun tipo di privilegio sul bene assoggettato a revocatoria. Egli recupera solo la possibilità di agire su quel bene come se non fosse mai uscito dal patrimonio del suo debitore. Quindi, per ottenere soddisfazione su quel bene, la posizione del creditore vittorioso in revocatoria è destinata a soccombere nei confronti di un creditore dotato di privilegio o di garanzia reale, come nel caso di specie. Per cui, in presenza di un creditore ipotecario, in caso di vendita del bene e distribuzione del ricavato, la posizione della ricorrente, vincitrice in revocatoria e creditrice procedente, sarebbe stata pur sempre, a prescindere dalla tardiva trascrizione della domanda, quella di creditore chirografario, destinato a soddisfarsi dopo il privilegiato, sull’eventuale residuo.
L’unica vera possibilità di soddisfazione che avrebbe avuto la società ricorrente, semmai, sarebbe stata quella di chiedere l’assegnazione del bene in proprietà ad un prezzo non inferiore alle spese di esecuzione e al valore dei crediti privilegiati anteriori a quello del pignorante, secondo quanto disposto dall’art. 506 c.p.c.; ma non risulta che all’interno del giudizio immobiliare la società creditrice chirografaria si sia avvalsa dell’opportunità fornitale dall’art. 506 c.p.c.; da qui la mancanza di prova del danno procurato dalla condotta del professionista Avvocato.
La Corte coglie pertanto occasione per ribadire la validità dell’affermazione secondo la quale rimane esclusa la responsabilità dell’Avvocato in difetto della prova del danno in concreto provocato dalla sua negligenza.
A cura di Devis Baldi