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giurisprudenza

È legittimo computare i compensi variabili degli Avvocati di Stato ai fini del raggiungimento del tetto retributivo massimo (Corte Cost., 26 maggio 2022, n. 128).

La Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi circa la legittimità della disciplina vigente in materia di compensi del personale dell’Avvocatura di Stato, ha stabilito la sua piena conformità al dettato costituzionale.
Il Consiglio di Stato – investito del giudizio di impugnazione del provvedimento con cui era stata effettuata la trattenuta sui compensi professionali dell’Avvocatura di Stato ai sensi del combinato disposto degli articoli 9, comma 1, del D.L. n. 90/2014 convertito con modificazioni nella L. n. 114/2014 e dell’art. 23 – ter, comma 1, del D.L. n. 201/2011 convertito con modificazioni nella legge n. 214/2011 – ha sollevato la questione di costituzionalità di dette disposizioni nella parte in cui stabiliscono il computo dei compensi professionali corrisposti al personale dell’Avvocatura di Stato costituiti dagli onorari e dalle spese di lite liquidati in sentenza a carico delle controparti, ai fini del raggiungimento del tetto retributivo previsto dalla legislazione vigente, in riferimento agli articoli 3, 23, 36, 53 e 81 della Costituzione.
La Corte Costituzionale, dopo aver ricostruito il quadro normativo di riferimento ed aver rilevato che medio tempore è stato modificato il parametro cui ragguagliare la soglia del trattamento economico complessivo dei pubblici dipendenti, motiva l’infondatezza nel merito delle questioni di costituzionalità sottoposte alla sua attenzione.
Rileva anzitutto che la previsione di un tetto retributivo dei pubblici dipendenti non costituisce affatto – come già deciso con propria sentenza n. 27 del 2022 – un’imposizione tributaria anomala e implicita in quanto non vi è una effettiva decurtazione patrimoniale e manca la modifica del rapporto sinallagmatico.
Esclusa la natura tributaria della fattispecie, le censure di violazione degli articoli 3, 23 e 53 Cost. sono dunque infondate.
Ritiene poi la Corte che le censure sollevate in riferimento agli articoli 3 e 36 della Costituzione si fondino sull’erroneo presupposto in base al quale la provvista di questi compensi variabili, nonostante la loro natura retributiva, non sarebbe a carico sostanziale del bilancio dello Stato, ma dei soggetti soccombenti in giustizia verso lo Stato, con la conseguenza che essi sarebbero estranei agli obiettivi di contenimento della finanza pubblica perseguiti dalla richiamata disposizione normativa. Invero la condanna al pagamento delle spese di lite è fatta dal giudice in favore della parte che è quindi titolare del diritto di credito al relativo pagamento nei confronti della parte soccombente, salvo il caso di distrazione ex art. 93 c.p.c. Poiché la parte è evidentemente l’amministrazione difesa dall’Avvocatura dello Stato e poiché l’istituto della distrazione delle spese non opera in tale ipotesi, è del tutto evidente che la quota di spese liquidate in favore dell’amministrazione e poi ripartita, quale quota di retribuzione variabile, agli avvocati e procuratori dello Stato, costituisca una vera e propria voce di spesa dell’amministrazione e come tale legittimamente computata ai fini del raggiungimento del tetto massimo retributivo previsto dalla legge per i pubblici dipendenti.
Infine la Corte Costituzionale ritiene infondata anche la censura di violazione dell’art. 3 Cost. in relazione al fatto che detto computo sarebbe irragionevole tenuto conto della natura premiale di tale quota retributiva in tal modo frustrata e contraddetta. La computabilità infatti di tale quota della retribuzione ai fini del raggiungimento del tetto retributivo non contraddice affatto la loro natura premiale sul piano normativo: mentre questa riguarda i criteri di distribuzione degli stessi, sulla base del rendimento individuale, la fissazione di un limite massimo alle retribuzioni pubbliche si pone quale misura di contenimento della spesa pubblica che colpisce tutte le voci retributive, anche quelle variabili.
Viene così confermata la piena legittimità della disciplina della retribuzione del personale dell’Avvocatura di Stato sottoposta alla attenzione della Corte Costituzionale.

A cura di Silvia Ventura