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giurisprudenza

Il compenso del custode giudiziario deve essere stabilito secondo gli usi locali, non trovando applicazione l’art. 2233 c.c. (Cass. Sez. VI, Ord., 27 aprile 2022, n. 13193)

Una società, custode di alcuni beni sottoposti a sequestro nell’ambito di un procedimento penale, impugnava per Cassazione la decisione con cui il Tribunale rigettava l’opposizione avverso il provvedimento di liquidazione del suo compenso.

In particolare, la ricorrente lamentava che il Tribunale avesse fatto riferimento, per la liquidazione, ai criteri di cui all’articolo 2233 c.c., omettendo di ricercare l’esistenza di usi locali, criterio primario per la determinazione del compenso del custode ove non sia applicabile la tariffa prevista dal D.P.R. n. 115 del 2002.

La Cassazione, accogliendo il ricorso, oltre a ribadire che l’art. 2233 c.c. stabilisce criteri per la liquidazione del solo compenso del professionista intellettuale – in mancanza di tariffe applicabili – e non è applicabile alla figura del custode (cfr. Cass. Sez. VI, Ord. n. 2507/2022), esponeva il seguente principio: per la liquidazione del compenso spettante al custode di beni sottoposti a sequestro, “occorre tener conto, in primis, delle tariffe previste dal D.P.R. n. 115 del 2002 e, in difetto, degli usi locali, se esistenti. In assenza di usi locali, occorre applicare, analogicamente, il compenso previsto per fattispecie similari contemplate dalle tariffe o dagli usi locali di cui anzidetto” (cfr. Cass. Sez. II, Ord. n. 1205/2020).

A cura di Leonardo Cammunci