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giurisprudenza

Il compenso dovuto dal cliente soccombente al proprio legale viene rapportato al valore del decisum del giudizio presupposto se il petitum è manifestamente sproporzionato (Cass., Sez. II, Ord., 18 ottobre 2023, n. 28885).

Un avvocato proponeva ricorso ex art. 702 bis per ottenere la liquidazione del compenso per l’attività professionale prestata in favore di un medico, convenuto da una pazienze per il risarcimento di un danno biologico: se secondo l’avvocato la liquidazione doveva essere parametrata al petitum del giudizio presupposto (rientrante nello scaglione tra 52.000,00 e 260.000,00 euro), il cliente sosteneva invece che l’importo di riferimento dovesse essere il decisum, ovvero l’ammontare del risarcimento al quale era stato condannato (rientrante nello scaglione tra 5.200,00 e 26.000,00 euro).

Poiché il Tribunale ha accolto le ragioni del cliente, l’avvocato ha proposto ricorso per Cassazione, facendo presente come l’art. 5 comma 2 del D.M. 55/2014, per la liquidazione delle spese a carico del cliente, faccia riferimento al criterio del petitum – a differenza di quelle a carico della parte soccombente in favore del legale della parte vittoriosa. La Corte di Cassazione, rigettando il ricorso, ha sostenuto che il principio di cui al citato articolo non esclude che – come desumibile dallo stesso comma 2 e dal successivo comma 3 – il giudice debba verificare se il petitum sia manifestamente sproporzionato rispetto al “valore effettivo della controversia”, anche in ragione dell’entità economica dell’interesse sostanziale: in tal caso, come in quello di specie, il giudice, una volta verificata l’attività effettivamente apprestata dal legale e tenuto conto delle peculiarità del caso specifico e dell’entità degli interessi sostanziali, può giudicare il parametro del petitum inadeguato rispetto all’effettivo valore della controversia e, pertanto, rapportare la liquidazione del compenso al decisum.

A cura di Leonardo Cammunci