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giurisprudenza

Il decreto che definisce l’istanza di liquidazione del patrocinio a spese dello Stato promossa dall’avvocato non possiede forza di giudicato esterno nei confronti del cliente (Cass., Sez. II, Ord., 10 marzo 2023, n. 7193)

La vicenda giunta all’esame della Suprema Corte nasce da un professionista Avvocato che era subentrato ad un precedente Collega in un giudizio civile all’interno del quale la parte era stata ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato quando era ancora difesa dal precedente legale.

A giudizio concluso, quindi, l’Avvocato subentrato nella difesa si rivolgeva al CoA competente per ottenere la delibera di ammissione della parte al gratuito patrocinio, ma il Consiglio rispondeva che agli atti risultava soltanto la nomina del primo difensore, salvo ulteriori verifiche.

Nelle more, quindi, il nuovo difensore inoltrava istanza di liquidazione dei propri compensi al Tribunale competente, il quale, però rigettava provvisoriamente l’istanza invitandolo ad integrare la richiesta con il provvedimento di delibera del CoA.

Atteso che nel frattempo la cliente si rifiutava di corrispondere i compensi al nuovo Avvocato, quest’ultimo, cautelativamente, decideva dunque di adire il medesimo Tribunale, in diversa composizione, con un ricorso ex art. 702-bis c.p.c. per ottenere la condanna in suo favore della cliente al pagamento delle proprie competenze; ma il Tribunale rigettava la richiesta dell’Avvocato.

Proposta impugnazione davanti alla Corte D’Appello, l’Avvocato depositava in tale sede anche il decreto definitivo del Tribunale relativo all’accertata insussistenza del diritto della cliente ad ottenere il patrocinio a spese dello Stato anche per il secondo difensore nominato. La CdA, quindi, sulla base di questo nuovo presupposto, accoglieva la domanda dell’Avvocato.

Ricorreva quindi in Cassazione la cliente che, in questa sede, vedeva accolte le proprie doglianze sulla base del seguente iter argomentativo:

– ha errato la Corte d’Appello a ritenere che il decreto “faccia stato” – abbia cioè la forza del giudicato esterno – nel giudizio promosso dall’Avvocato contro la propria cliente per la condanna al pagamento del compenso professionale;

– l’errore della CdA risiede nel non avere considerato che il decreto in questione è stato emesso in esito ad un procedimento, sull’istanza di liquidazione del compenso professionale a carico dello Stato secondo la disciplina del gratuito patrocinio, che ha visto la presenza di una sola parte – l’Avvocato che ha presentato l’istanza di liquidazione -, senza la partecipazione della parte che era stata rappresentata e difesa in giudizio dal medesimo professionista;

– posto quindi che il decreto è stato emesso nell’ambito di un procedimento non svoltosi nel contraddittorio con la cliente, il giudice del gravame non avrebbe potuto farne discendere, nel suo giudizio, un effetto preclusivo;

– un conto è, infatti, la natura decisoria del provvedimento, non suscettibile di revoca da parte dell’autorità giudiziaria che lo ha emesso; altro che esso faccia stato nei confronti di un soggetto che non è stato parte del relativo procedimento.

A cura di Devis Baldi