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giurisprudenza

Il giudice dell’esecuzione che ha emesso l’ordinanza che dichiara estinto il processo esecutivo per inattività delle parti o che ne rigetta l’eccezione di estinzione non può far parte del collegio chiamato a decidere il reclamo ai sensi dell’art. 630 comma 3 c.p.c. (Corte Cost., Sent., 17 marzo 2023, n. 45)

La Corte Costituzionale, con la sentenza in esame, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.630 comma 3 c.p.c. per violazione dell’art.111 comma 2 Cost. nella parte in cui prevede che il reclamo avverso l’ordinanza che accoglie l’estinzione o rigetta l’eccezione di estinzione del processo esecutivo per inattività delle parti si propone al giudice dell’esecuzione e che del collegio giudicante sul reclamo faccia parte anche il giudice che ha emesso il provvedimento reclamato poiché il reclamo è un giudizio di natura impugnatoria e deve essere garantita l’imparzialità del giudice.

Da ciò deriva l’obbligo per il g.e. di astenersi e la facoltà delle parti di ricusarlo ai sensi dell’art.52 c.p.c.

Il Tribunale di Udine, nell’ambito di una procedura di esecuzione immobiliare, aveva rigettato l’istanza di dichiarazione di estinzione della procedura proposta dalle debitrici esecutate. Avverso detta ordinanza le debitrici avevano proposto reclamo ex art.630 comma 3 c.p.c.

Le debitrici avevano sollevato davanti al collegio questione di legittimità costituzionale dell’art.630 c.p.c. in quanto il collegio era composto dallo stesso magistrato che aveva pronunciato l’ordinanza reclamata.

Il Tribunale di Udine, dunque, aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art.630 comma 3 c.p.c. in quanto il richiamo all’art.178 c.p.c. comporta necessariamente che il collegio sia composto anche dal magistrato che ha pronunciato l’ordinanza reclamata.

In particolare, il giudice a quo sosteneva che l’art.630 comma 3 c.p.c. si poneva in contrasto: 1) con l’art.3 Cost. giacché altre disposizioni processuali escludono la partecipazione al collegio del giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato/reclamato: art.186-bis disp. att. c.p.c. in materia di opposizione agli atti esecutivi; oppure l’art.669-terdecies c.p.c., richiamato dall’art.624 c.p.c., in forza del quale del collegio non può far parte il giudice che si è pronunciato sul provvedimento reclamato; 2) con gli artt.111 Cost. e 117 Cost. che rimanda alle normative comunitarie, relative all’imparzialità del giudice.

Il Tribunale di Udine aveva escluso di poter giungere ad un’interpretazione della norma rispettosa della Costituzione atteso che il richiamo all’art.178 c.p.c., pur non imponendo la presenza del g.e., lo prevede implicitamente: il g.e. sarebbe l’equivalente del giudice istruttore.

Inoltre, il Tribunale di Udine aveva escluso di poter risolvere la questione ritenendo applicabile l’art.51 comma 1 n.4 c.p.c. in materia di astensione obbligatoria del giudice atteso che all’espressione “…in altro grado del processo…” non può comprendere il reclamo.

L’Avvocatura generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, aveva sostenuto l’inammissibilità della questione e, comunque, l’infondatezza.

L’Avvocatura aveva sostenuto che il processo esecutivo può estinguersi per cause tipiche (inerzia del creditore procedente, infruttuosità dell’esecuzione) e atipiche (giurisprudenza: omessa integrazione della documentazione richiesta dal g.e.; omesso pagamento della pubblicità di vendita): il reclamo ex art.630 comma 3 c.p.c. è esperibile solo avverso le cause tipiche di estinzione mentre per quelle atipiche sarebbe esperibile lo strumento dell’opposizione agli atti esecutivi. Il Tribunale di Udine avrebbe dovuto preliminarmente chiarire la causa di estinzione invocata onde poter verificare se l’applicazione dell’art.630 c.p.c. fosse stata correttamente individuata.

L’Avvocatura, inoltre, aveva rilevato che la norma richiamata non prevede espressamente che del collegio debba fare parte il g.e., dunque, avrebbe potuto ritenere applicabile l’art.51 c.p.c. supportando tale decisione con analoga previsione di cui al’art.186-bis disp. att. c.p.c.

La Corte Costituzionale preliminarmente ha rilevato che le eccezioni sollevate dall’Avvocatura non erano fondate.

In primo luogo, il g.e. aveva fatto espresso riferimento all’inattività delle parti come causa di estinzione della procedura esecutiva immobiliare, pertanto, era di tutta evidenza che il controllo dell’applicabilità dell’art.630 c.p.c. alla fattispecie concreta era stato in realtà eseguito dal Tribunale di Udine e risolto in tal senso.

In secondo luogo, il fatto che la norma in esame non preveda espressamente la partecipazione al collegio del g.e. che ha pronunciato l’ordinanza impugnata, non esclude che non possa farne parte.

La Corte Costituzionale, quindi, ha ritenuto la questione di legittimità costituzionale sollevata fondata.

La Corte ha sottolineato che il principio di imparzialità/terzietà del giudice è principio garantito dalla nostra carta costituzionale per ogni tipo processo.

Il principio in esame comporta che un giudice chiamato a pronunciarsi su una determinata questione non possa poi far parte di altro organo giurisdizionale cui sia sottoposta la medesima questione.

Proprio in forza di tale affermazione, la Corte ricorda che, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità dell’art.51 comma 1 n.4 c.p.c., aveva ribadito che la locuzione “in altro grado” debba riferirsi non semplicemente ad altro grado del processo ma ad ogni fase del processo civile che assuma carattere impugnatorio e dotato di autonomia.

La Corte ha richiamato le varie norme processuali con cui il legislatore ha inteso concretizzare questo principio.

Nel caso di specie, dunque, considerato che l’art.630 comma 3 c.p.c. richiama l’art.178 commi 3, 4 e 5 c.p.c. da cui risulta che il reclamo debba essere proposto al g.e. il quale, se del caso assegna alle parti i termini per le controdeduzioni, entro 15 giorni rimette la questione al collegio: ciò non significa che il g.e. debba comunque fare parte di detto collegio ma, in caso positivo, non comporterebbe un obbligo per questi di astensione ovvero la possibilità di essere ricusato.

La questione potrebbe essere risolta con il richiamo all’art.51 c.p.c. nella sua interpretazione costituzionalmente orientata, tuttavia, esigenze di certezza rendono necessario l’intervento della Corte Costituzionale.

La Corte Costituzionale, pertanto, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale per violazione dell’art.111 comma 2 Cost. dell’art.630 comma 3 c.p.c. nella parte in cui prevede che il reclamo avverso l’ordinanza che accoglie l’estinzione o rigetta l’eccezione di estinzione del processo esecutivo per inattività delle parti si propone al giudice dell’esecuzione e che del collegio giudicante sul reclamo faccia parte anche il giudice che ha emesso il provvedimento reclamato poiché il reclamo è un giudizio di natura impugnatoria, caratteristica che richiede l’imparzialità del giudice.

Da ciò deriva l’obbligo per il g.e. di astenersi e la facoltà delle parti di ricusarlo ai sensi dell’art.52 c.p.c.

A cura di Fabio Marongiu