Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione ha affermato che il contribuente non può sottrarsi all’applicazione di un orientamento giurisprudenziale, sostenendo che un precedente indirizzo vigente all’epoca in cui si svolgevano le vicende in causa, sul quale egli aveva fatto “legittimo affidamento”, sancisse un principio differente.
Più in particolare, i Giudici di Piazza Cavour hanno richiamato la giurisprudenza della Corte europea dei Diritti dell’uomo, la quale ha avuto modo di precisare che “il principio della certezza del diritto non impone il divieto per la giurisprudenza di modificare i propri indirizzi e di seguire un indirizzo costante, tutte le volte in cui siano rispettate le generali prerogative garantite dal principio del giusto processo come tutelato dall’art. 6 – accesso alla giustizia, carattere equo del processo e principio della certezza del diritto rapportata all’epoca in cui è dovuta intervenire l’autorità giudiziaria” (CEDU, 18 dicembre 2008, Unèdic c. Francia, Ric. N. 20153/04).
Pertanto, il mutamento di indirizzo verificatosi nella giurisprudenza di legittimità, in ordine a principi già affermati in precedenti decisioni, non è assimilabile ad una norma sopravvenuta, con la conseguenza che non soggiace al principio di irretroattività di cui all’art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile e di cui all’art. 25 della Costituzione.
Solo il mutamento giurisprudenziale avente ad oggetto l’interpretazione di norme processuali non può esplicare, a determinate condizioni, i suoi effetti in maniera retroattiva, e ciò non in quanto violi il principio del legittimo affidamento o il principio della certezza del diritto, ma perché lederebbe il diritto al giusto processo costituzionalmente tutelato.
a cura di Cosimo Cappelli