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giurisprudenza

Il potere del giudice nella liquidazione delle spese di giudizio ha natura discrezionale e tiene conto di molteplici indici (Cass., Sez. VI, Ord., 18 giugno 2021, n. 17570)

Con la pronuncia in commento la Cassazione si è espressa sui criteri di liquidazione del compenso all’avvocato.

Nel caso di specie il ricorrente lamentava che, in seguito al procedimento avviato ai sensi del D.lgs 150/2011, il Tribunale avesse ingiustamente liquidato il compenso dovuto applicando i minimi tabellari: la scelta era fondata sulla circostanza che, benchè la parte assistita fosse risultata vittoriosa nel processo nel quale il ricorrente aveva prestato il patrocinio, il giudice del procedimento avesse ritenuto di compensare le spese di lite a causa di alcune carenza nell’attività difensiva svolta dal legale. Il Tribunale adito dal legale ricorrente aveva, in sostanza, dato rilievo al risultato complessivo per il Cliente.

La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibili tutti e tre i motivi di ricorso, variamente tesi a riesaminare nel merito la questione, ha precisato che l’art. 4 DM 55/2014 tiene conto, nella liquidazione del compenso, di una serie di criteri che il giudice è chiamato a valutare con ampio potere discrezionale non censurabile in sede di legittimità. (caratteristiche, urgenza e del pregio dell’attività prestata, importanza, natura, difficoltà e valore dell’affare, condizioni soggettive del cliente, risultati conseguiti, numero e complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate).

Peraltro, ritiene la Corte, che l’esercizio di tale potere con l’attribuzione di un maggior “peso” ai risultati dell’attività non costituisce violazione del principio per cui l’obbligazione del professionista e’ di mezzi e non di risultato.

A cura di Sofia Lelmi