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giurisprudenza

Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione è compatibile con l’art. 6, p. 1 della CEDU (Cass. Sez. I, 19 aprile 2022, n. 12481

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, riassume i criteri utili a valutare in termini di autosufficienza un ricorso per cassazione, rilevando che tale principio risulta conforme a quanto stabilito dall’art. 6 della CEDU.
Il “sostrato normativo” del c.d. principio di autosufficienza del ricorso per cassazione risiede nell’esposizione sommaria dei fatti di causa e nella specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda, elementi che l’art. 366 c.p.c., comma 1, richiede “a pena di inammissibilità” e il cui rispetto comporta che dalla sola lettura dell’atto, corredato da puntuali riferimenti normativi e documentali, il Giudice di legittimità venga messo in grado di comprendere le censure promosse e la loro fondatezza.
Secondo la giurisprudenza di legittimità già formatasi sul punto il ricorso è “autosufficiente”, e quindi ammissibile, quando: i) i motivi rispondono ai criteri di specificità previsti dal codice di rito; ii) ogni motivo indica, se del caso, l’atto, il documento, il contratto o accordo collettivo su cui si basa ed i riferimenti topografici (pagine, paragrafi o righe) dei brani citati; iii) ogni motivo indica la fase processuale in cui il documento o l’atto è stato creato o prodotto; iv) il ricorso è accompagnato da un fascicoletto che contiene, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, gli atti, i documenti, i contratti o gli accordi collettivi cui si fa riferimento nel ricorso.
La Corte di Cassazione evidenzia infine la perfetta compatibilità di tale principio con le disposizioni di cui all’art. 6, p. 1 della CEDU a norma del quale “Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente (…) da un tribunale (…)” – purché, secondo il criterio di proporzionalità, non si trasmodi in un “formalismo eccessivo”. La stessa Corte Edu, con la sentenza del 28 ottobre 2021 (Succi ed altri c. Italia), ha infatti concluso che le condizioni imposte per la redazione del ricorso per cassazione – e in particolare l’applicazione del principio di autosufficienza – perseguono uno scopo legittimo, segnatamente quello di “agevolare la comprensione della causa e delle questioni sollevate nel ricorso e permettere alla Corte di Cassazione di decidere senza doversi basare su altri documenti, affinché quest’ultima possa mantenere il suo ruolo e la sua funzione, che consistono nel garantire in ultimo grado l’applicazione uniforme e l’interpretazione corretta del diritto interno (nomofilachia)” e dunque, in ultima analisi, “la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia“. “Il principio di autosufficienza permette alla Corte di cassazione di circoscrivere il contenuto delle doglianze formulate e la portata della valutazione che le viene richiesta alla sola lettura del ricorso, e garantisce un utilizzo appropriato e più efficace delle risorse disponibili“.
Nel caso in esame il Collegio ha osservato che effettivamente il ricorso non forniva tutti gli elementi utili a ricostruire la specifica vicenda processuale contestata, rilevando che non era indicato né quanti e quali fossero gli ulteriori testimoni che sarebbero stati immotivatamente espunti dalla lista testimoniale asseritamente depositata dalla ricorrente, né quali istanze sarebbero state formulate dalla stessa all’udienza del 25/09/2019, in cui sarebbe stato assunto il provvedimento immotivato di riduzione della predetta lista testimoniale, provvedimento del quale parimenti non si conosce lo specifico contenuto, né la ubicazione nel fascicolo.
Per la corretta applicazione del c.d. principio di autosufficienza del ricorso per cassazione lo stesso è stato dunque dichiarato inammissibile.

A cura di Silvia Ventura