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giurisprudenza

In caso di soccombenza processuale è dovuta la voce I.V.A. sulle spese di lite anche se la parte vincitrice è persona giuridica. Dubbi e precedente parzialmente difforme (Cass. Civ., Sez. III, Ord., 2 maggio 2023, n. 11352).

La pronuncia in commento origina da un’opposizione a precetto fatta da un privato cittadino nei confronti di un Comune che vantava un credito nei confronti dell’opponente.

La principale ragione dell’opposizione sussisteva nella contestazione della debenza della voce I.V.A. sulle prestazioni professionali del difensore legale del Comune, rilevando che quest’ultimo, essendo titolare di partita I.V.A., poteva scaricarla dalla propria dichiarazione dei redditi.

L’opposizione veniva respinta in entrambi i gradi di giudizio del merito.

Anche l’adita Corte di Cassazione dichiarava il motivo di ricorso infondato rilevando che l’ente pubblico territoriale è, nella specie, “cliente finale” ed è a tale titolo soggetto all’imposta e non può scaricare l’I.V.A. ulteriormente, ossia, nel caso di specie, secondo la prospettazione insita in ricorso, sul difensore di cui si è avvalso, che, però, a questo punto non potrebbe più recuperare l’I.V.A. e sarebbe indebitamente inciso dal prelievo fiscale.

La conclusione della Suprema Corte lascia un po’ perplesso chi scrive in considerazione del fatto che, come noto, se il cliente finale persona giuridica riceve il pagamento delle spese legali dalla controparte comprensive di I.V.A. e ritrasmette per intero la somma ricevuta al proprio difensore – che ne emette relativa fattura -, in realtà ha la possibilità di portare in detrazione la voce I.V.A. ottenendone così un vantaggio.

I dubbi rimangono, a fortiori, nella misura in cui la stessa Terza Sezione richiama a sostegno un proprio precedente giurisprudenziale, ossia la nota Sentenza n. 11877 del 22/05/2007 la quale, tuttavia, dice qualcosa di ulteriore e di diverso: in tale occasione infatti, i giudici di legittimità precisarono che “la deducibilità di tale imposta potrebbe, eventualmente, rilevare solo in ambito esecutivo, con la conseguente possibilità, per la parte soccombente, di esercitare la facoltà di contestare sul punto il titolo esecutivo con opposizione a precetto o all’esecuzione, al fine di far valere eventuali circostanze che, secondo le previsioni del citato D.P.R. n. 633 del 1972, possano escludere, nei singoli casi, la concreta rivalsa o, comunque, l’esigibilità dell’I.V.A.”.

La Cassazione, cioè, aveva già chiarito che in sede esecutiva è aperta la possibilità per la parte soccombente di contestare l’esigibilità della voce I.V.A. secondo le disposizioni di cui al D.P.R. n. 633/1972.

A cura di Devis Baldi