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giurisprudenza

In virtù del principio della “fungibilità dei riti”, ancorchè la parte sbagli nella scelta dell’atto con il quale introdurre il giudizio (con citazione anziché con ricorso, e viceversa), la domanda giudiziale produce i suoi effetti sino alla conversione del rito (Cass., Sez. VI, Ord., 21 febbraio 2022, n. 5659)

La questione giunta al vaglio della Corte di Cassazione aveva ad oggetto i compensi professionali non riscossi da un Avvocato nei confronti del proprio cliente. Il professionista quindi ricorreva per decreto ingiuntivo intimandone il pagamento al cliente e questi opponeva il decreto ingiuntivo mediante citazione.

Il Giudice istruttore della causa, disponendo il mutamento del rito in applicazione dell’art. 14 D.Lgs. 150/2011, dichiarava l’opposizione inammissibile in quanto la citazione era stata notificata nei termini previsti dall’art. 641 c.p.c., ma non anche il deposito della stessa che era invece avvenuta oltre i termini previsti dall’indicata norma.

Il cliente ricorreva per la Cassazione dell’ordinanza emessa dal Tribunale.

Preliminarmente, la Corte osserva che è stata corretta la scelta di proporre ricorso per Cassazione contro l’ordinanza in esame atteso che, in tema di liquidazione degli onorari e diritti di avvocato in materia civile, l’ordinanza conclusiva del procedimento ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 14, non è appellabile, ma impugnabile con ricorso straordinario per cassazione, sia che la controversia riguardi solamente il “quantum debeatur”, sia che la stessa sia estesa all'”an” della pretesa, trovando anche in tale ultimo caso applicazione il rito di cui al cit. art. 14 (cfr. Cass. S.U. n. 4485/2018).

Premesso che, in effetti, l’opposizione al decreto ingiuntivo andava proposta mediante ricorso ex art. 702bis c.p.c., la Corte accoglie comunque il ricorso facendo propri i recenti insegnamenti espressi dalle S.U. con la Sentenza n. 758/2022.

Chiariscono le Sezioni Unite che il potenziale consolidamento del rito erroneamente seguito (in conseguenza dell’errore nella scelta della forma dell’atto introduttivo) trova la sua disciplina nella disposizione dell’art. 4 comma 5, D.Lgs. 150/2011 la quale sancisce espressamente che “gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le norme del rito seguito prima del mutamento”. Ne consegue che la domanda giudiziale avanzata in forma non corretta (citazione anziché ricorso e viceversa) produce i suoi effetti propri, da valutare secondo il modello concretamente seguito, seppur difforme da quello legale, ferme restando “le decadenze e le preclusioni maturate secondo le norme del rito seguito prima del mutamento” (art. 4, comma 5).

Se ne ricava, dunque, un sostanziale principio di “fungibilità tra i riti”.

Ne deriva che le norme che disciplinano il rito seguito prima del mutamento rilevano come parametro di valutazione di legittimità dell’atto introduttivo del giudizio, nel senso che gli effetti sostanziali e processuali della domanda vanno delibati secondo il rito (erroneo) concretamente applicato sino ad allora, e non in base al diverso rito che avrebbe dovuto essere invece seguito.

Per gli effetti, la Corte di Cassazione formula quindi il seguente principio di diritto: “nei procedimenti “semplificati” disciplinati dal D.Lgs. n. 150 del 2011, nel caso in cui l’atto introduttivo sia proposto con citazione, anzichè con ricorso eventualmente previsto dalla legge, il procedimento – a norma del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4 – è correttamente instaurato se la citazione sia notificata tempestivamente, producendo essa gli effetti sostanziali e processuali che le sono propri, ferme restando le decadenze e preclusioni maturate secondo il rito erroneamente prescelto dalla parte; tale sanatoria piena si realizza indipendentemente dalla pronuncia dell’ordinanza di mutamento del rito da parte del giudice, la quale opera solo pro futuro, ossia ai fini del rito da seguire all’esito della conversione, senza penalizzanti effetti retroattivi, restando fermi quelli, sostanziali e processuali, riconducibili all’atto introduttivo, sulla scorta della forma da questo in concreto assunta e non a quella che esso avrebbe dovuto avere, dovendosi avere riguardo alla data di notifica della citazione effettuata quando la legge prescrive il ricorso o, viceversa, alla data di deposito del ricorso quando la legge prescrive l’atto di citazione”.

A cura di Devis Baldi