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giurisprudenza

Inammissibile la revocazione per errore di fatto i cui motivi di ricorso nascondono un presunto errore di diritto (Cass., Sez. VI, Ord., 12 ottobre 2022, n. 29750)

La ricorrente in revocazione aveva originariamente proposto ricorso per la condanna del datore di lavoro al pagamento di alcune differenze retributive.

La sentenza di accoglimento parziale ottenuta in contumacia in primo grado veniva dichiarata nulla dalla Corte di Appello per nullità della notifica del ricorso originario.

Riassunto il giudizio, sia in primo grado che in appello la ricorrente vedeva rigettata la propria pretesa per intervenuta prescrizione; in particolare, la Corte d’Appello aveva osservato che la nullità della notificazione e degli atti conseguenti travolge anche la sentenza di accoglimento e il successivo atto di precetto e che la rinnovazione della notificazione non poteva comunque interrompere la prescrizione con effetti ex tunc.

In sede di ricorso per cassazione veniva sostenuta “l’autonomia funzionale” dell’atto di precetto notificato dalla ricorrente tale da valere come atto interruttivo. La Corte dichiarava però inammissibile il ricorso sostenendo la novità della questione e, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, l’impossibilità di verificare nel merito il contenuto dell’atto di precetto che non era stato trascritto all’interno del ricorso per cassazione, impedendo di poter verificare l’idoneità quale atto interruttivo della prescrizione.

La ricorrente agiva quindi in revocazione ai sensi dell’art. 395 n. 4 c.p.c. sostenendo che l’inammissibilità del ricorso per cassazione sarebbe stata inficiata da due argomenti che avrebbero portato ad una falsa percezione della realtà: da un lato la questione del precetto quale atto interruttivo sarebbe stata trattata sin dal primo grado conseguente alla riassunzione e, dall’altro, il precetto in sé costituirebbe per definizione una richiesta di pagamento ed una costituzione in mora non necessitando di essere integralmente trascritto.

La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile ricordando che “[…]L’ammissibilità dell’istanza di revocazione di una pronuncia di questa Corte presuppone un errore di fatto riconducibile all’articolo 395 c.p.c., n. 4, e dunque un errore di percezione, o una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza (o l’inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti invece incontestabilmente escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa […]”.

Ne discenderebbe, nel caso di specie, che “[…] Il fatto, sul quale l’ordinanza censurata si sofferma, attiene alla mancata trascrizione del precetto nel ricorso per cassazione. Il provvedimento che si chiede di revocare si limita a enunciare tale dato oggettivo, senza formulare alcun addebito di colpa a carico della parte che non ha ottemperato all’onere previsto dalla legge. Con riguardo al dato oggettivo della mancata trascrizione, l’ordinanza non e’ viziata da alcun errore di percezione. La stessa ricorrente concorda sulla circostanza che il precetto non sia stato trascritto.[…]”.

In particolare, nel caso in esame, il ricorso in revocazione non avrebbe censurato l’erronea percezione di un fatto ma una critica all’interpretazione che la Cassazione ha fornito del principio di autosufficienza del ricorso.

A cura di Sofia Lelmi