Il caso sottoposto al vaglio della Corte di Cassazione nasce da un giudizio penale svoltosi nei confronti di un ex Avvocato radiato dall’Albo il quale, continuando ad esercitare la professione senza titolo, veniva condannato in primo e secondo grado per esercizio abusivo della professione.
Nei giudizi di merito era infatti emerso che l’imputato: 1) aveva avuto circa venti incontri con la persona offesa cliente; 2) aveva consigliato a costei di proporre ricorso per risolvere un problema tributario; 3) aveva predisposto due ricorsi; 4) aveva accompagnato la cliente da un altro Avvocato al fine di presentare un ricorso per Cassazione.
Orbene, ricorda la Corte che costituisce ius receptum nella giurisprudenza della stessa il principio secondo il quale integra il reato di esercizio abusivo di una professione di cui all’art. 348 cod. pen. il compimento senza titolo di atti che creino, in assenza di chiare indicazioni diverse, le oggettive apparenze di un’attività professionale svolta da soggetto regolarmente abilitato (cfr. Sez. Un., n. 11545 del 15/12/2011).
E’ stato altresì puntualizzato che risponde del delitto di esercizio abusivo della professione di Avvocato colui che, senza essere iscritto all’albo, ponga in essere anche un solo atto “tipico” – cioè indipendentemente dall’espletamento di una attività in forma continuativa – in quanto idoneo ad incidere sulla progressione del procedimento o del processo penale. Non commette invece il reato in esame il soggetto che si limiti all’occasionale compimento di una attività stragiudiziale, non potendo una prestazione isolata essere sintomatica di un’attività svolta in forma professionale, in modo continuativo, sistematico ed organizzato.
Di tali regulae iuris la Corte di secondo grado aveva fatto corretta applicazione, avendo rimarcato che l’imputato aveva svolto in modo continuativo attività di consulenza legale e predisposto anche ricorsi, a nulla rilevando che tali atti non fossero stati da lui firmati.
Rispondendo poi ad un ulteriore motivo di ricorso, la Corte di Cassazione ricorda che il reato di specie è solo eventualmente abituale; di talchè il momento consumativo dello stesso coincide con l’ultimo degli stessi, ossia con la cessazione della condotta; è da tale ultimo momento, quindi, che dovrà essere individuato il dies a quo del decorso della prescrizione.
A cura di Devis Baldi