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giurisprudenza

La debenza del palmario viene stabilita sulla base del risarcimento integrale riconosciuto (Cass., Sez. II, Ord., 23 agosto 2023, n. 25117)

Con ricorso ex art. 702bis l’avvocato chiedeva ai propri clienti il pagamento del palmario dovuto per l’assistenza prestata in loro favore ed in favore della loro figlia nella causa di risarcimento del danno da responsabilità medica conseguente ai danni arrecati alla minore al momento della nascita.

Sosteneva l’avvocato che il contratto sottoscritto prevedeva il pagamento di un palmario stabilito in Euro 100.000, oltre l’importo delle spese poste a carico di parte soccombente, nel caso di risarcimento complessivo di Euro 1.000.000, con il riconoscimento di ulteriori Euro 50.000 nel caso di liquidazione di un importo maggiore e che quindi gli fosse dovuto l’importo di Euro 150.000,00 in considerazione del danno complessivamente liquidato pari ad Euro 3.278.185,34 di cui 342.776,50 per ciascuno dei genitori.

Il Tribunale rigettava la richiesta sul presupposto che non fosse stato raggiunto l’importo di 1.000.000,00 al di sopra del quale il palmario doveva essere corrisposto: ciascun genitore, entrambi parte dell’accordo contrattuale con il ricorrente, aveva infatti ottenuto una somma inferiore.

La decisione viene impugnata in Cassazione: il legale sosteneva, infatti, che il contratto nel quale era stato concordato il palmario era stato sottoscritto dai genitori anche nell’interesse della figlia e che, pertanto, per stabilire se fosse o meno dovuto si doveva avere riguardo all’intero importo liquidato a titolo risarcitorio.

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, rinviando ad altra sezione del Tribunale, sul presupposto che il contratto dovesse essere interpretato secondo i canoni ermeneutici legali e, quindi, tenendo conto del senso letterale delle parole usate e della comune volontà delle parti: in applicazione di tali criteri emergeva in modo assolutamente pacifico che i genitori avessero voluto trattare l’intera vicenda come unitaria avendo più volte fatto riferimento a “la nostra causa”, “la nostra vicenda”.

Sempre secondo la Corte, “da ciò consegue che non risulta plausibile l’individuazione della soglia rilevante per la corresponsione del palmario nella misura della sola somma riconosciuta a ciascuno dei coniugi invece che nell’intero importo liquidato loro sia in proprio che nella qualità”.

A cura di Sofia Lelmi