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giurisprudenza

La domanda riconvenzionale non necessita dell’esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria (Cass., Sez. Un., 7 febbraio 2024, n. 3452)

Con la pronuncia in commento le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono pronunciate sulla necessità o meno di esperire il tentativo di mediazione quando la domanda riconvenzionale rientri tra le materie per cui il procedimento conciliativo è previsto quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

La Cassazione si è espressa ritenendo che nei casi di proposizione di domanda riconvenzionale non sia necessario esperire il tentativo di mediazione.

Nelle proprie motivazioni la Corte ha inizialmente distinto due diverse tipologie di domanda riconvenzionali, aventi una natura distinta: da un lato, l’ipotesi della domanda riconvenzionale per la quale sussista un collegamento oggettivo (comunanza di titolo) con la domanda principale, dall’altro la domanda riconvenzionale c.d. eccentrica che non ha con la causa alcun collegamento oggettivo.

Per quanto attiene la prima categoria, la Corte ritiene non sia “[…] sottoposta alla condizione della mediazione obbligatoria, in quanto si collega all’oggetto del processo già introdotto dall’attore […]”. In particolare, ritiene la Cassazione, che il fine ultimo del procedimento di mediazione sia la deflazione del carico giudiziario e “l’auspicata non introduzione della causa”, scopi che sono venuti meno già al momento della sua introduzione da parte dell’attore.

Sostiene la Corte che anche le domande riconvenzionali eccentriche non siano sottoposte al tentativo obbligatorio di mediazione.

Infatti, pur ampliandosi l’oggetto del giudizio, la mediazione obbligatoria è esclusa per ragioni di garanzia della certezza del diritto e per assicurare la ragionevole durata del processo.

In particolare, al fine di assicurare la certezza del diritto, la Cassazione ritiene non soddisfacenti e perseguibili soluzioni intermedie che prevedano l’individuazione di singole casistiche per le quali sarebbe necessaria l’introduzione della mediazione. A parere della Corte, una soluzione di questo genere comporterebbe la necessità per gli organi giurisdizionali di individuare di volta in volta se il caso rientra o meno tra le casistiche da sottoporre alla condizione di procedibilità, con conseguente incertezza del diritto ed aumento del contenzioso.

Sotto il profilo della ragionevole durata del processo, a parere della Suprema Corte, l’obbligo di mediazione nelle ipotesi di domanda riconvenzionale, seppur eccentrica, si scontrerebbe con gli stessi limiti imposti dal legislatore in materia di procedure conciliative (limite alla possibilità di eccepire il mancato esperimento del tentativo di mediazione, previsione della durata massima del procedimento etc) così come con i principi espressi dalla Corte Costituzionale secondo cui la mediazione obbligatoria non viola il diritto d’azione ed è, dunque, legittima “soltanto laddove risulti idoneo a produrre un risultato vantaggioso del c.d. effetto deflattivo, senza mai divenire tale da provocare un inutile prolungamento dei tempi del giudizio”.

Si è quindi cercato di individuare un equilibrio tra il diritto di azione e le sue deroghe; sotto quest’ultimo aspetto la Cassazione ha ritenuto che “le condizioni di procedibilità stabilite dalla legge non possono essere aggravate da una interpretazione che induca ad estenderne la portata”.

In definitiva, le Sezioni Unite hanno ritenuto che “se è vero che anche un ripetuto strumento conciliativo extragiudiziale potrebbe condurre, a volte, ad una soluzione favorevole della lite al secondo, al terzo o ulteriore tentativo, è pur vero che così si finirebbe per contraddire l’intento di rendere più rapida e meno onerosa per tutti la risoluzione della controversia, quando questa sia ormai comunque instaurata”.

Pertanto, anche le domande riconvenzionali eccentriche sono state escluse dall’obbligo di esperire il tentativo obbligatorio di mediazione.

A cura di Sofia Lelmi