Con la sentenza in commento la Suprema Corte chiarisce ulteriormente la distinzione tra la procura conferita ex art. 100 c.p.p. e quella conferita ex art. 122 c.p.p., precisando che con la prima il soggetto conferisce al difensore la rappresentanza tecnica in giudizio, mentre la seconda attribuisce al procuratore (che dunque non necessariamente deve essere un avvocato) la mera capacità di essere soggetto del rapporto processuale e di promuovere l’azione risarcitoria in nome e per conto del danneggiato. Delineata ulteriormente la distinzione dei poteri attribuiti rispettivamente dalle due norme, i Giudici di legittimità circoscrivono l’operatività della presunzione di efficacia ad un solo grado del processo alla sola procura conferita ex art. 100 c.p.p., peraltro facilmente superabile dalla manifestazione di volontà della parte. Nel caso di specie detta procura era stata originariamente rilasciata al fine di rappresentare le persone offese “quali parti civili nel procedimento penale (..) in ogni stato e grado, compreso l’eventuale giudizio di esecuzione”. Tale espressione non lasciava adito ad alcun dubbio circa la volontà delle parti di conferire al difensore anche il potere di proporre appello, dichiarato inammissibile proprio perchè la Corte d’Appello territoriale aveva rilevato un difetto di procura. Per tale ragione, ritenendo il ricorso fondato, la Suprema Corte annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello.
A cura di Elena Borsotti