Con la sentenza in esame la suprema corte esclude la configurabilità del reato di falso ideologico per induzione ex artt.48 e 479 c.p. in tutti quei casi in cui il difensore produca documenti falsi atteso che il giudice non è chiamato ad attestare la veridicità del loro contenuto ma la sola rilevanza probatoria.
La corte, peraltro, evidenzia che il legislatore, quando ha inteso punire gli elementi di falsità introdotti nel giudizio civile ha configurato specifiche fattispecie incriminatrici: falsa testimonianza, falsa perizia, frode processuale.
Nel caso di specie, due avvocati hanno introdotto numerosi ricorsi davanti al giudice del lavoro allegando false lettere interruttive della prescrizione.
In particolare, la falsità ha riguardato l’allegazione delle ricevute postali di invio e recezione delle missive relative ad alcuni atti interruttivi per provare l’invio e la ricezione di missive mai spedite.
La corte ha escluso la sussistenza del reato atteso che la controparte ha omesso di sollevare l’eccezione di prescrizione ovvero ha sollevato detta eccezione solo tardivamente impedendo al giudice, secondo le regole del diritto processuale lavoristico, la possibilità di verificare l’intervenuta prescrizione del diritto fatto valere.
Per di più, in alcuni casi, quando la controparte ha tempestivamente sollevato la falsità delle ricevute di invio e consegna, parte ricorrente ha prontamente ridotto la propria pretesa rinunciando ai diritti a fondamento dei quali detti documenti erano stati prodotti.
A cura di Fabio Marongiu