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giurisprudenza

La prova presuntiva della volontà di rimettere tacitamente la querela può desumersi solo quando nulla induca a dubitare del contrario (Cass., Sez. V Pen., 8 maggio 2019, n. 19731)

Nel caso portato all’esame della Corte di Cassazione, l’imputato chiedeva l’annullamento della sentenza di condanna per intervenuta remissione di querela.

A sostegno della richiesta l’imputato adduceva il fatto che il querelante non era comparso né all’udienza di apertura del dibattimento né a quella di discussione, sebbene il Giudice di Pace avesse disposto che, non comparendo, il comportamento della persona offesa sarebbe stato interpretato come tacita remissione di querela.

La Cassazione dichiara il ricorso manifestamente infondato.

Premette la Corte che, è vero, secondo le Sezioni Unite (cfr. n.31668/2016) la mancata comparizione all’udienza dibattimentale della persona offesa integra remissione tacita della querela, se la stessa è stata previamente ed espressamente avvertita che l’eventuale assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela.

Tuttavia, precisa la Corte, detta prova presuntiva può dirsi formata solo quando nulla induca a dubitare del fatto che l’inerzia della persona offesa sia il frutto di una scelta consapevole di disinteressarsi al processo.

Nel caso di specie, infatti, la persona offesa non solo si era presentata all’udienza dibattimentale per essere sottoposta ad esame, ma aveva altresì attestato davanti alla P.G. e con annotazione riportata nel libretto di cancelleria che, per il momento, non era intenzionata a rimettere la querela nei confronti dell’imputato.

Fatti, questi, ritenuti dalla Corte inconciliabili con una univoca volontà di disinteressarsi del processo e di rimettere tacitamente la querela.

 

A cura di Devis Baldi