La sentenza in esame, nel dichiarare inammissibile il ricorso per cassazione proposto dall’imputato, conferma la sentenza della Corte di Appello che aveva condannato l’avvocato, che aveva chiesto e ottenuto il pagamento del compenso da un cliente in condizioni di decadimento cognitivo, per il reato di circonvenzione di persona incapace aggravato per abuso di prestazione d’opera e dall’ingente danno patrimoniale. La corte ha individuato le ragioni della inammissibilità del ricorso proposto: 1) nella riproposizione dei medesimi argomenti già proposti con l’atto di appello senza alcuna critica argomentata; 2) nel riproporre una lettura alternativa del merito: non è possibile per il giudice di legittimità una nuova valutazione del compendio probatorio.
Nel caso di specie, un avvocato aveva assistito la vittima di un grave sinistro stradale a causa del quale aveva visto fortemente compromessa la capacità cognitiva. Tale circostanza era di tutta evidenza anche in considerazione del fatto che il cliente si era presentato dall’avvocato con la moglie e con un terzo estraneo; peraltro, successivamente è emerso che detto terzo intratteneva una relazione sentimentale con la donna. Inoltre, risultava che l’avvocato e il terzo avessero spinto il cliente a sottoscrivere una procura notarile a favore del terzo per l’incasso delle somme riconosciute a titolo di risarcimento: il cliente non era titolare di un conto corrente bancario; infine, l’avvocato aveva fatto sottoscrivere al cliente un accordo sul corrispettivo che conteneva un patto di quota lite. L’avvocato aveva già ottenuto dalla compagnia assicuratrice il compenso per l’attività assistenziale prestata. La Suprema Corte ricorda che il patto di quota lite si configura quando il compenso dell’avvocato è commisurato ad una parte degli interessi economici del cliente assistito. Il compenso supplementare è ammissibile per l’avvocato, il c.d. palmario, quale premio per il raggiungimento di un esito positivo in una lite particolarmente complessa e importante. Nel caso in esame vi era una evidente sproporzione nella percentuale riconosciuta all’avvocato tenuto conto dell’effettiva complessità della lite e dei parametri tariffari in vigore.
A cura di Fabio Marongiu