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giurisprudenza

Le offese contenute in scritti difensivi presentati dinanzi all’Autorità Giudiziaria rendono il fatto non punibile benché antigiuridico. (Cass. Pen., Sez. V, Sent., 23 maggio 2024, n. 20520)

La vicenda in esame vedeva imputati due professionisti Avvocati asseritamente rei di aver diffamato un professionista Notaio offendendo la reputazione di quest’ultimo all’interno di un atto di citazione in revocatoria civilistico.

Tuttavia, in entrambi i gradi di giudizio di merito gli imputati erano andati assolti dai fatti loro contestati in quanto condotta coperta dall’esimente di cui all’art. 598 c.p.

Agisce così in Cassazione il Notaio con un ricorso incentrato sul presupposto che non ricorrevano, nel caso di specie, le due condizioni richieste dall’esimente in parola; l’offesa espressa nell’atto di citazione non avrebbe avuto, infatti, alcun nesso con l’oggetto di tale atto giudiziario, nel quale gli imputati si sono dilungati in maniera del tutto superflua sulle vicende familiari e patrimoniali tra le parti in causa, al di là di qualsivoglia nesso di funzionalità con le pretese poste a base dell’azione civile e al solo fine di ledere la reputazione del Notaio.

La Corte di Cassazione ritiene il ricorso infondato sulla base della seguente motivazione.

La Corte anzitutto premette che la ratio legis sottesa all’art. 598 c.p. è quella di consentire la massima libertà nella esplicazione del diritto di difesa (cfr. Sez. 5, n. 22743 del 23-03-2011); la causa di non punibilità ivi prevista copre, potenzialmente, tutti gli atti funzionali all’esercizio del diritto di difesa, che devono esser ricondotti al principio della immunità giudiziale.

Viene ricordato altresì che in tema diffamazione, ai fini della applicabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 598 c.p., sono necessarie due condizioni: 1° che le offese concernano l’oggetto della causa o del ricorso pendente dinanzi alla autorità giudiziaria o a quella amministrativa (cfr. Sez. 5, n. 30439 del 16-06-2006); 2° che le stesse abbiano rilevanza funzionale per le argomentazioni poste a sostegno della tesi prospettata o per l’accoglimento della domanda proposta.

Orbene, deve tuttavia escludersi la necessità che le offese abbiano anche un contenuto minimo di verità, o che la verità sia in qualche modo deducibile dal contesto, in quanto l’interesse tutelato è la libertà di difesa nella sua correlazione logica con la causa, a prescindere dalla fondatezza o meno dell’argomentazione.

In altri termini, ricorda la Corte, la causa di non punibilità prevista dall’art. 598 c.p., non esclude l’antigiuridicità del fatto, ma solo l’applicazione della pena e ricomprende anche condotte di offesa non necessarie, purché inserite nel contesto difensivo.

Di talchè le offese contenute in scritti difensivi, pur se civilisticamente e disciplinarmente rilevanti ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 89 c.p.c. e 598 comma 2 c.p., rendono il fatto non punibile benché antigiuridico.

A cura di Devis Baldi