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giurisprudenza

L’errore della Cancelleria nelle comunicazioni può considerarsi al fine della richiesta di rimessione in termini (Cass., Sez. III, 18 ottobre 2022, n. 30514)

Nella pronuncia in esame la suprema Corte analizza il caso in cui il difensore sia incorso in errore nel deposito di un atto a ciò indotto dai messaggi ricevuti dalla Cancelleria. In particolare il legale, depositando una opposizione a decreto ingiuntivo, riceveva le prime due PEC di accettazione e ricevuta di avvenuta consegna regolari, mentre nella terza PEC lo si avvertiva di necessari controlli di cancelleria (Errore di norma non bloccante). Purtroppo all’esito di detti controlli e a termini scaduti riceveva il rifiuto del deposito e a nulla valeva la richiesta di rimessione in termini fatta in primo grado e in appello.
La Corte invece osserva che il difensore era certamente incorso nell’errore a causa dei messaggi ricevuti che oltretutto non consentivano di comprendere la gravità intrinseca nel deposito (dal momento che il tipo di anomalia rientrava tra i messaggi non bloccanti) a ciò oltretutto confortato anche dalla stessa Cancelleria a cui si era tempestivamente rivolto.
In tal caso – osserva la Corte – opera correttamente l’art. 153 c.2 e di conseguenza il 294 c.2 e c.3 dovendosi disporre la rimessione in termini per causa non imputabile al difensore.
Parimenti osserva altresì che in ogni caso non può essere imposto dal giudice un atteggiamento tuzioristico del difensore, che in appello era stato incolpato di non aver per scrupolo provveduto ad un nuovo deposito nei termini.

A cura di Simone Pesucci