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giurisprudenza

L’esperimento dell’azione giudiziaria poi qualificata temeraria esclude la configurazione del delitto di tentata estorsione, salva l’ipotesi in cui la stessa, secondo l’apprezzamento del giudice nel caso concreto, sia strumentale ad ottenere in via stragiudiziale un profitto ingiusto (Cass., Sez. II Pen., Sent., 27 giugno 2024, n. 25432)

Con l’esame della pronuncia in esame, la Suprema Corte di cassazione afferma il principio secondo il quale la proposizione di un’azione giudiziaria che assume le caratteristiche della lite temeraria, qualora sia strumentale ad ottenere in via stragiudiziale un profitto illecito, può ben configurarsi quale delitto tentato di estorsione; secondo la Corte, infatti, il profitto illecito consiste nel realizzare un vantaggio in via stragiudiziale che altrimenti non si sarebbe mai conseguito se il convenuto non fosse stato fiaccato dalla pretestuosità della richiesta azionata giudizialmente.

Il giudice di legittimità rileva che, in via di principio, adire il giudice, seppure proponendo una lite temeraria, non può configurare il delitto di estorsione poiché il provvedimento giurisdizionale è ontologicamente giusto non potendo consentire l’ottenimento di qualcosa che è illecito.

La Corte, tuttavia, evidenzia che è necessario indagare la volontà dell’attore che ha intrapreso l’azione giudiziaria poiché, come nel caso di specie, qualora il convenuto sia destinatario di plurime azioni giudiziarie (168), tutte dichiarate infondate poiché la pretesa azionata è manifestamente insussistente e strumentale a fiaccarne la resistenza costringendolo, pur di non dover subire ulteriori azioni infondate, a riconoscergli in via stragiudiziale una somma di denaro, ben può configurarsi il reato contestato di tentata estorsione.

A cura di Fabio Marongiu