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giurisprudenza

Liquidazione compensi professionali ex D.M. 55/2014 come modificato dal D.M. 37/2018: al giudice non è consentito scendere al di sotto dei valori minimi (Cass., Sez. II, 13 aprile 2023, n. 9815)

Con la sentenza in oggetto la Corte di Cassazione ha precisato l’interpretazione dell’art. 4 comma 1 in merito alla liquidazione giudiziale delle spese in seguito alle modifiche intervenute con D.M. 37/2018 al D.M. 55/2014.

Il ricorso era presentato sostenendo che il giudice di appello, nel riformare la sentenza di primo grado e, conseguentemente, condannare l’appellato alla rifusione delle spese legali di primo e secondo grado non avesse rispettato i criteri di liquidazione previsti dal D.M. 55/2014 così come modificato dal D.M. 137/2018 avendo provveduto ad una liquidazione inferiore ai parametri minimi tabellari e senza prevedere una divisione per fasi.

Nel trattare il ricorso, la Corte di Cassazione ha modo di rappresentare l’interpretazione vigente precedentemente all’introduzione delle modifiche del 2018 identificando le ragioni per le quali tale interpretazione non può essere applicata in seguito alle modifiche all’art. 4 comma 1 introdotte dal Decreto del 2018.

In particolare, precedentemente all’introduzione del richiamato Decreto Ministeriale la giurisprudenza era orientata nel ritenere che, in assenza di accordo scritto tra le parti, la quantificazione del compenso fosse espressione di un potere discrezionale del giudice. Di conseguenza la liquidazione, se contenuta tra i valori minimi e massimi, poteva essere priva di motivazione mentre in ipotesi di aumento o diminuzione oltre i valori massimi o minimi il giudice aveva un espresso dovere motivazionale pur potendo, comunque, provvedere ad una liquidazione inferiore ai valori minimi o superiore ai valori massimi.

La Cassazione, con la pronuncia in commento, dà atto che la modifica intervenuta sull’art. 4 con il D.M. 37/2018 ha determinato la necessità di rivedere questo orientamento.

Nella formulazione odierna la norma, infatti, testualmente dispone “[…]  Il giudice tiene conto dei valori medi di cui alle tabelle allegate, che, in applicazione dei parametri generali, possono essere aumentati fino al 50%, ovvero possono essere diminuiti in ogni caso non oltre il 50%”.

A giudizio della Corte, il nuovo articolo 4 pone, dunque, un limite inderogabile alla riduzione dei compensi prevedendo che “in ogni caso” essi non possano essere ridotti oltre il 50%.

Pertanto, tenuto conto che nel caso in esame il compenso liquidato era stato quantificato al di sotto del 50% la Cassazione ha accolto il ricorso rinviando al giudice di merito per la nuova quantificazione.

A cura di Sofia Lelmi