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giurisprudenza

No alla parcellizzazione dei crediti del legale se basati su una relazione unitaria con il cliente (Cass., Sez. II, Ord., 24 maggio 2021 n. 14143)

Le domande relative a diritto di credito, analoghi per oggetto e titolo, in quanto fondati su analoghi, seppur diversi, fatti costitutivi, che tuttavia si inscrivano nell’ambito di una relazione unitaria tra le parti, anche di mero fatto, non possono essere proposte in giudizi diversi, salvo che l’attore abbia un interesse oggettivo ad azionare in giudizio solo uno ovvero alcuni dei crediti sorti nell’ambito della predetta relazione unitaria.

Questa la recente ordinanza della Corte di Cassazione che trae origine dalla vicenda processuale che vede contrapposto un avvocato ed una società sua cliente contro la quale il primo aveva promosso 38 distinti procedimenti monitori per il pagamento dei compensi professionali maturati nel corso degli anni fondati su altrettanti riconoscimenti di debito.

La società aveva proposto opposizione a tali decreti ingiuntivi e, nell’ambito di uno di questi giudizi, il Tribunale, dopo aver accertato l’esistenza di un unico rapporto professionale tra le parti, aveva dichiarato l’improponibilità di una delle azioni recuperatorie proposte dal legale in quanto frutto di un non consentito frazionamento dell’unico credito ad esso riconducibile.

In forza di questa pronuncia, la società ha quindi fatto appello contro un’altra sentenza del Tribunale che aveva invece dato ragione al legale.

La Corte territoriale ha confermato la sentenza di primo grado con cui era stata respinta l’opposizione ad uno dei decreti ingiuntivi sulla convinzione che l’attività professionale svolta dal legale nel corso degli anni in favore della società ingiunta, per la mancanza di una convenzione, per la revoca “degli incarichi” formulata dalla stessa società e per l’utilizzo da parte della stessa di altri professionisti, non potesse essere configurato come un unico rapporto di consulenza e di assistenza legale.

L società ha quindi proposto ricorso in Cassazione con otto motivi di censura di cui la Corte ha ritenuto di accogliere il primo considerando assorbiti tutti gli altri.

In sostanza, la Corte ha richiamato le sentenze delle Sezioni Unite del 2007 e del 2017 che hanno sancito il divieto di tutela frazionata del singolo diritto di credito in plurime richieste giudiziali di adempimento (contestuali o scaglionate nel tempo) affermando al contempo il principio generale per cui invece le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, pur se relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi.

Questa ultima ipotesi si verifica anche nel caso in cui le pretese creditorie separatamente azionate siano riconducibili a fatti costitutivi distinti verificatisi nel contesto di un rapporto di durata tra le parti che non ha avuto origine nella stipulazione di un contratto che ne regolasse gli effetti (come nell’ipotesi di esecuzione di più incarichi professionali).

In tali casi, infatti, la contemporanea sussistenza tra le stesse parti di crediti giuridicamente eguali, che, pur se non conseguenti allo stesso contratto, siano comunque riconducibili al medesimo “rapporto” che, nel corso del tempo, si sia venuto a determinare tra loro, ne impone la deduzione nello stesso giudizio, in virtù dei doveri di correttezza e buona fede che derivano dal più ampio “contatto sociale” tra esse così formatosi.

In virtù di ciò, la Suprema Corte  ha enunciato il principio di diritto secondo cui le domande relative a diritti di credito analoghi per oggetto e per titolo, in quanto fondati su analoghi, seppur diversi, fatti costitutivi, non possono essere proposte in giudizi diversi quando i relativi fatti costitutivi si inscrivano nell’ambito di una relazione unitaria tra le parti, anche di mero fatto, caratterizzante la concreta vicenda da cui deriva la controversia, salvo che l’attore abbia un interesse oggettivo ad azionare in giudizio solo uno ovvero alcuni dei crediti sorti nell’ambito della predetta relazione unitaria.

Valutato che la Corte territoriale non si era attenuta a tale principio avendo dato esclusivo rilievo alla riscontrata inesistenza, in punto di fatto, di un unico incarico professionale, la Corte ha quindi accolto il primo motivo di ricorso cassando con rinvio alla Corte d’Appello per un nuovo esame.

A cura di Corinna Cappelli