Con la pronuncia in commento la Cassazione ha accolto il ricorso di un’imputata, avverso la decisione del Tribunale penale competente, che l’aveva condannata per il reato di diffamazione nei confronti di un avvocato per avere questa definito – in una comunicazione a mezzo mail destinata anche ad un amministratore di condominio e ad un altro condomino – il comportamento del legale come “scorretto ed aggressivo”. Tale epiteto era stato ritenuto dal Tribunale di merito competente “[…] gravemente lesivo agli occhi dei terzi della reputazione personale e professionale della persona offesa, essendo la probità e correttezza professionale dell’avvocato requisiti imprescindibili per l’esercizio della professione […]”.
La ricorrente lamentava il difetto di motivazione sia in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo che dell’elemento soggettivo.
Quanto all’elemento soggettivo riteneva che il giudice non si fosse espresso in ordine al “contegno psichico” dell’imputata che, peraltro, era stata assolta dall’accusa di diffamazione per le parole rivolte ad altri due destinatari della email ritenute ben più offensive proprio per carenza dell’elemento soggettivo. Riteneva a tal proposito la ricorrente che l’atteggiamento psicologico fosse da considerarsi unitario.
In merito all’elemento oggettivo, rilevava che i termini utilizzati per descrivere il comportamento del legale fossero riferibili ad una reazione scomposta e che non integrassero il reato contestato.
La Suprema Corte accoglieva il ricorso.
A parere della Corte, quanto all’elemento soggettivo il Tribunale avrebbe dovuto considerare che, nel caso di specie, la fattispecie di diffamazione è da riportare “alla medesima fase unitaria che vide poste in essere le diverse affermazioni ascritte alla ricorrente, ivi comprese quelle per le quali è intervenuta pronuncia assolutoria”.
Quanto all’elemento soggettivo, la Cassazione ha ritenuto che i termini utilizzati, benché non totalmente privi di inoffensività, fossero da ricondurre ad un legittimo esercizio del diritto di critica, in particolare perché sempre riferiti al comportamento che il legale avrebbe tenuto e non alla persona in sé.
A cura di Sofia Lelmi