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giurisprudenza

Onere della prova in tema di prescrizione breve presuntiva del diritto del professionista ad ottenere il compenso per l’opera prestata (Cass., Sez. II, Ord., 23 gennaio 2023, n. 1902).

Il giudizio in esame nasceva da una risalente citazione notificata da un professionista Avvocato nei confronti del proprio cliente a seguito del mancato pagamento dell’attività professionale prestata in molteplici procedimenti civili, penali ed amministrativi.

Resisteva alla domanda del professionista il cliente che, per alcuni procedimenti, eccepiva il decorso della prescrizione presuntiva ex art. 2956, n. 2 c.c. affermando di averne già corrisposto i compensi.

Il Tribunale accoglieva in pieno la domanda del professionista, mentre la Corte d’Appello adita riformava parzialmente la sentenza di primo grado riconoscendo la maturazione della prescrizione presuntiva per determinati procedimenti.

Promuoveva un articolato ricorso in Cassazione il professionista che, per quanto interessa in questa sede, eccepiva che solo ove il cliente avesse dimostrato l’adempimento della prestazione, avrebbe potuto operare la prescrizione breve, e non già sulla scorta di un pagamento meramente ipotizzabile, sicché, con riferimento ai procedimenti in esame, in mancanza della prova del pagamento delle relative prestazioni, avrebbe operato la prescrizione ordinaria decennale, non ancora decorsa al tempo della proposizione della domanda.

La Corte di Cassazione, giudicando la doglianza infondata, chiarisce efficacemente i punti attraverso i quali si muove l’onere della prova in tema di prescrizioni brevi presuntive.

Ricordano infatti i giudici di legittimità “che colui che eccepisce la prescrizione presuntiva triennale – nel caso di specie, riferita al diritto dei professionisti per il compenso dell’opera prestata e per il rimborso delle spese correlative – non ha ovviamente l’onere di dimostrare l’avvenuto pagamento del credito, poichè, ove tale prova fosse fornita, non avrebbe senso eccepire la prescrizione.

Piuttosto, ai sensi dell’art. 2959 c.c., il cliente non deve ammettere in giudizio che l’obbligazione non si è estinta, altrimenti l’eccezione di prescrizione presuntiva dovrà essere disattesa”.

E prosegue affermando che “in tema di distribuzione dell’onere probatorio con riguardo alle prescrizioni presuntive, mentre il debitore eccipiente è tenuto a provare il decorso del termine previsto dalla legge, il creditore ha l’onere di dimostrare la mancata soddisfazione del credito; e tale ultima prova può essere fornita solo deferendo il giuramento decisorio o avvalendosi dell’ammissione, fatta in giudizio dal debitore, che l’obbligazione non è stata estinta (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 17071 del 16/06/2021; Sez. 3, Sentenza n. 11195 del 15/05/2007).

E tanto perchè la prescrizione presuntiva è fondata sulla presunzione di adempimento dell’obbligazione.

Inoltre, la mancata contestazione dell’inadempimento del debito non costituisce ammissione indiretta o implicita della mancata estinzione dell’obbligazione, ostativa all’accoglimento dell’eccezione di prescrizione presuntiva, atteso che l’ammissione di cui all’art. 2959 c.c. non può risiedere nella nuda non contestazione, non essendo ipotizzabile una sorta di prevalenza del principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c. sulla presunzione legale di pagamento sottesa all’istituto della prescrizione presuntiva (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 11500 del 08/04/2022; Sez. 2, Sentenza n. 29875 del 18/11/2019)”.

Con la pronuncia in esame, poi, in tema di notifica di un atto analogico a mezzo pec senza la firma digitale, la Corte ha avuto l’occasione di ricordare incidenter tantum il seguente principio: “il controricorso in formato analogico, successivamente riprodotto in formato digitale ai fini della notificazione telematica, munito dell’attestazione di conformità all’originale, non richiede la firma digitale del difensore (che, invece, deve essere presente in calce alla notificazione effettuata a mezzo posta elettronica certificata), perchè è sufficiente che la copia telematica rechi la menzionata attestazione di conformità, redatta secondo le disposizioni vigenti ratione temporis, non assumendo peraltro rilievo la circostanza che il file digitale rechi il formato “pdf” anzichè “p7m” (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 11222 del 06/04/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 23951 del 29/10/2020; Sez. 3, Sentenza n. 26102 del 19/12/2016)”.

A cura di Devis Baldi