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giurisprudenza

Riconosciuti i danni morali, liquidati in via equitativa, ai collaboratori di studio, tra cui praticanti avvocati, calunniati dal dominus di aver contraffatto copia di una sentenza, riproducente la firma del giudice e del cancelliere (Cass., Sez. VI Pen., 1 luglio 2021, n. 25311)

Con la pronuncia in commento la Suprema Corte conferma la decisione con la quale la Corte di merito, accertata la sussistenza del reato di calunnia posto in essere da un avvocato ai danni dei propri collaboratori di studio, tra cui praticanti avvocati, aveva provveduto a liquidare i danni morali da questi subiti in via equitativa, adempiendo al relativo obbligo di motivazione attraverso la specifica indicazione dei fatti materiali considerati e del percorso logico posto alla base della decisione. In particolare, correttamente la Corte di merito aveva indicato i canoni di valutazione adottati in tale specifica operazione, evidenziando in particolare la sofferenza psichica delle persone costituitesi parti civili, “(..) tra cui praticanti avvocati, attinti, ad avvio di carriera, da un’accusa particolarmente odiosa ed infamante per chi opera professionalmente in ambito forense (..)”. Così ritenendo, i Giudici di legittimità dichiarano inammissibile il ricorso presentato dall’avvocato, condannando lo stesso al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle Ammende, quantificata in € 3.000,00.

A cura di Elena Borsotti