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giurisprudenza

Se il legale è certo dell’identità del sottoscrittore, non costituisce reato l’autenticazione “differita” della firma del cliente non apposta in presenza del professionista (Cass. Pen., Sez. V, Sent., 27 aprile 2022, n. 16214)

Il giudizio penale giunto sino al vaglio della Corte di Cassazione vedeva come imputato un Avvocato per il reato di cui all’art. 481 c.p., ossia per aver autenticato la firma di una cliente non apposta in sua presenza.

Le corti di merito avevano dichiarato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato, ma condannato il professionista ai soli effetti civili.

La Cassazione accoglie il ricorso dell’Avvocato nei termini che seguono.

Anzitutto la Corte ricorda che il potere certificativo attribuito all’esercente la professione di Avvocato abbia ad oggetto esclusivamente l’autografia della sottoscrizione e non anche l’apposizione in presenza della medesima.

Ciò premesso, nel caso in esame i giudici del merito avevano omesso qualsiasi indagine volta a verificare la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato che, al contrario, era stato ritenuto esistente in re ipsa.

Invece, la Corte chiarisce che quella dell’autenticazione “differita” è prassi tutt’altro che inusuale e comunque non illecita, come anzidetto, fermo restando per l’appunto che il legale nell’esercizio del suo potere attestativo sia certo dell’identità del sottoscrittore, così escludendo la volontà dolosa richiesta dalla norma incriminatrice. A tal proposito, persino l’eventuale errore in cui sarebbe potuto incorrere il professionista per mera negligenza, sarebbe comunque stato idoneo ad escludere il dolo del reato, anche nella forma eventuale.

 

A cura di Devis Baldi

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Allegato:
16214-2022