La Suprema Corte di cassazione afferma il principio secondo il quale il rigetto della domanda principale con l’accoglimento della domanda proposta in via subordinata configura una ipotesi di soccombenza parziale dell’attore qualora le due domande siano autonome.
Nel caso di specie, parte attrice aveva proposto una domanda volta ad ottenere l’abbattimento di un muro perimetrale che rendeva più gravoso l’esercizio della servitù di passo carrabile con contestuale richiesta di risarcimento dei danni, anche morali. In via subordinata, inoltre, parte attrice aveva chiesto l’ampliamento della sua servitù con estensione su altra particella adiacente.
Il giudice di primo grado ha respinto entrambe le domande attoree condannandola al pagamento delle spese di CTU e alla rifusione delle spese legali in favore della convenuta.
Parte attrice, dunque, ha proposto appello e la Corte territoriale ha riformato la sentenza di primo grado accogliendo la domanda proposta in via subordinata disponendo l’allargamento della servitù ordinando l’abbattimento di una parte del muretto e determinando l’indennità spettante alla convenuta. La Corte di appello, inoltre, ha condannato parte attrice a rifondere alla convenuta le spese dei due gradi di giudizio nella misura di 4/5 e compensando il restante 1/5. Il giudice di secondo grado era giunto a tale conclusione in considerazione del fatto che parte attrice era soccombente sulla domanda principale e non aveva aderito alla proposta conciliativa formulata dal CTU, attribuito anche di tale incarico, proposta che era identica alla decisione assunta dalla Corte di appello.
Parte attrice ha impugnato in cassazione la sentenza della Corte di appello eccependo, con il primo motivo di impugnazione, la violazione degli artt.91 e 92 c.p.c. perché non poteva essere considerata soccombente avendo visto accolta la domanda spiegata in via subordinata. Con il secondo motivo di impugnazione, parte attrice ha lamentato violazione dell’art.92 c.p.c. per aver il giudice compensato le spese dei due gradi di giudizio sussistendo giusti motivi.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso poiché il ragionamento proposto dalla Corte di appello è stato corretto atteso che le domande proposte, in via principale e in via subordinata, erano autonome perché fondate su presupposti di fatto e ragioni diritto diversi; da qui la sussistenza della soccombenza. La domanda principale, infatti, aveva ad oggetto l’accertamento di una servitù mentre la domanda proposta in via subordinata concerneva la costituzione di una nuova servitù su di una particella di terreno diversa da quella originariamente gravata da tale onere. Per quanto concerne la motivazione addotta per la compensazione, il giudice di legittimità ha evidenziato che al caso di specie si applica l’art.92 c.p.c. nella formulazione antecedente le modifiche introdotte con D.L. n.132/2014 convertito con modificazioni con la L. 162/2014 in quanto la causa era stata introdotta prima della sua entrata in vigore (la nuova formulazione si applicava ai procedimenti introdotti dal trentesimo giorno successivi all’entrata in vigore della legge di conversione), pertanto, la compensazione delle spese non operava solo in caso di assoluta novità della questione trattata ovvero di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti.