La Suprema Corte accoglie il ricorso proposto contro la decisione di rigetto della Corte di Appello di Bari, pronunciata a seguito della tardiva notifica dell’atto di appello stesso.
Il Giudice dell’appello aveva infatti ritenuto spirato il termine per la proposizione del gravame, accogliendo il termine breve di 30 giorni, decorrente dalla notifica a mezzo pec della sentenza di primo grado operata presso l’indirizzo di posta elettronica certificata dell’avvocato domiciliatario.
In sede di ricorso innanzi alla Corte di Cassazione, si rilevava come, sia nell’atto che nella procura, fosse presente la specifica indicazione di voler ricevere presso il domicilio fisico dell’avvocato ogni notifica, residuando quello digitale per le sole comunicazioni di cancelleria.
La Suprema Corte accoglie il ricorso principale, chiarendo che la normativa sul domicilio digitale (art. 16-sexies D.L. 179/2012) non esclude il diritto di eleggere un domicilio fisico prevalente, come nel caso in questione. La Corte precisa che l’indicazione di una PEC ai soli fini di comunicazioni non rende obbligatoria la notifica telematica, salvo diversa specificazione.
A cura di Simone Pesucci