La pronuncia in esame trae origine da un’opposizione a decreto ingiuntivo fondata, tra l’altro, sulla asserita nullità della notifica del provvedimento monitorio per “l’omessa indicazione, nella relata di notifica, del pubblico registro dal quale era stato attinto l’indirizzo PEC utilizzato”.
Il Tribunale, invece, ha dichiarato inammissibile l’opposizione in questione perché tardiva.
A seguito di appello avverso la sentenza di cui sopra, la Corte territoriale ha rigettato il gravame e confermato quanto rilevato dal tribunale di prime cure sia sotto il profilo dell’inammissibilità dell’opposizione, sia sotto il profilo della validità della notifica del decreto ingiuntivo.
Investita di ricorso, la Corte di Cassazione ha rigettato integralmente l’impugnazione in forza dei seguenti rilievi:
– la notifica di “un atto non processuale, quale è il provvedimento monitorio emesso inaudita altera parte”, può essere eseguita alla società mediante all’indirizzo PEC risultante dal Registro delle imprese, “essendo per giurisprudenza consolidata di questa Corte, di cui il giudice d’appello ha fatto puntuale applicazione (…), il suddetto indirizzo assimilabile alla sua sede legale (cfr. Cass.n.31/2017; id. n. 16365/2018; id. n. 5652/2019)”;
– “né l’omessa indicazione nella relata di notifica telematica del pubblico registro da cui è stato attinto l’indirizzo PEC, può, come correttamente considerato dalla Corte territoriale, comportare la nullità della notifica, avendo l’atto raggiunto lo scopo legale, essendo stato notificato presso l’indirizzo di posta elettronica del ricorrente (cfr. Cass. sez. un. 7665/2016; 30927/2018”.
Dai rilievi di cui sopra la conferma della validità della notifica del decreto ingiuntivo eseguita all’indirizzo pec della società e, quindi, l’inammissibilità dell’opposizione per tardività della stessa.
A cura di Giulio Carano