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giurisprudenza

Truffa e patrocinio infedele, lo strepitus fori e l’entità delle pene comminate giustificano la sospensione cautelare dell’avvocato (Cass., Sez. Un., 22 aprile 2021, n. 10740)

L’avvocato che è condannato,  a seguito di pubblico dibattimento, con sentenza penale per gravi fatti di reato (art. 640 c.p. truffa ed art. 380 c.p. infedele patrocinio) intimamente correlati all’esercizio della professione causa disdoro per la professione. In queste circostanze l’art. 60, L. n. 247/2012 (di cui l’art. 32 Reg. n. 2/2014 costituisce disposizione attuatoria pedissequa) dispone testualmente: “La sospensione cautelare dall’esercizio della professione o dal tirocinio può essere deliberata dal consiglio distrettuale di disciplina competente per il procedimento, previa audizione, nei seguenti casi: applicazione di misura cautelare detentiva o interdittiva irrogata in sede penale e non impugnata o confermata in sede di riesame o di appello; pena accessoria di cui all’articolo 35 del codice penale, anche se è stata disposta la sospensione condizionale della pena, irrogata con la sentenza penale di primo grado; applicazione di misura di sicurezza detentiva; condanna in primo grado per i reati previsti negli articoli 372, 374, 377, 378, 381, 640 e 646 del codice penale, se commessi nell’ambito dell’esercizio della professione o del tirocinio, 244, 648-bis e 648- ter del medesimo codice; condanna a pena detentiva non inferiore a tre anni.” Pertanto, l’autorità disciplinare (CDD e CNF) in situazioni in cui sia la gravità dei reati, che l’entità della pena comminata in primo grado corrispondano alle previsioni di legge con cui si mira alla tutela della categoria professionale, ben possono irrogare la sanzione della sospensione cautelare dall’esercizio della professione, senza che ciò costituisca di per se’ automatismo della sanzione, censurabile in Cassazione.

A cura di Raffaella Bianconi