Direttore Responsabile:

Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

giurisprudenza

Viola il rapporto di colleganza l’Avvocato che richiede una condanna per lite temeraria addebitando la colpa al collega in solido con il proprio assistito (Cass., Sez. Un., 16 Novembre 2017, n. 27200)

I fatti che hanno portato a questa pronuncia a Sezioni Unite della Corte di Cassazione, traevano origine da una richiesta di condanna ex art. 96 c.p.c. formulata da un Avvocato, all’interno di un giudizio civile, direttamente contro il collega di controparte (in solido con il proprio assistito).

Il C.O.A. all’epoca competente addebitava all’Avvocato la sanzione dell’avvertimento per aver violato il dovere di “correttezza” nell’esercizio della professione forense (cfr. artt. 22 e 23 del vecchio Cod. Deont.). La condanna veniva confermata dal C.N.F., tuttavia basandola sulla violazione del rapporto di “colleganza” ex art. 46 del nuovo Cod. Deont., medio tempore entrato in vigore.

Proponeva quindi ricorso in Cassazione l’Avvocato sulla base di due ordini di motivi: 1) violazione del principio di corrispondenza tra incolpazione e decisione (il c.d. “chiesto e pronunciato”) in merito all’addebito formulato davanti al C.O.A. e quello effettuato dal C.N.F., con conseguente nullità della sentenza del C.N.F.; 2) il nuovo Cod. Deont., avendo prodotto la tipizzazione degli illeciti sulla scorta dell’ordinamento penalistico, non prevede alcuna sanzione per la violazione dei doveri di lealtà e correttezza, restando solo come una enunciazione di principio.

Le Sezioni Unite, nondimeno, sono di diverso avviso e rigettano il ricorso sulla base delle seguenti argomentazioni:

– in ordine al primo motivo di ricorso, si rileva che in realtà nel secondo grado di giudizio il capo di incolpazione è rimasto invariato, essendosi soltanto modificata la qualificazione giuridica data al medesimo fatto da cui era nata la sanzione. Per gli effetti, il rapporto di “colleganza” non sarebbe altro che una species del genus “dovere di lealtà e correttezza professionale”;

– per ciò che concerne il secondo motivo le S.U. evidenziano che sulla base del combinato disposto dei nuovi artt. 9 e 20 del Cod. Deont. la violazione dei doveri di lealtà e correttezza costituisce illecito disciplinare qualora ciò sia previsto nelle successive disposizioni del codice stesso; e, invero, il nuovo art. 46 Cod. Deont. che sanziona la violazione del rapporto di colleganza (quale species del genus) con la sanzione dell’avvertimento, comporta la legittimità della sanzione inflitta nei due gradi di giudizio.

A cura di Devis Baldi