E’ stato chiesto se qualora, dopo che un cliente si è rivolto a un avvocato per instaurare un giudizio in relazione al quale il cliente stesso aveva ottenuto l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato e dopo che l’avvocato ha studiato la pratica e svolto tutta l’attività propedeutica necessaria per promuovere il giudizio in questione, il cliente cambia idea e non insatura il giudizio, l’avvocato abbia, comunque, diritto a ricevere il compenso per le prestazioni professionali svolte e, in caso affermativo, da chi.
Il Consiglio dell’Ordine si è espresso affermando che l’istituto dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato è diretto ad assicurare al cittadino non abbiente l’esercizio del diritto di difesa nel processo penale, civile, amministrativo, contabile e tributario, tenuto conto del fatto che si tratta di un diritto costituzionalmente garantito (cfr. art. 24 della Costituzione).
In considerazione di ciò il difensore del soggetto ammesso al gratuito patrocinio, una volta instaurato al giudizio, viene retribuito dallo Stato, previa liquidazione del suo onorario e delle spese da parte del Giudice sulla base di criteri predeterminati e, a norma dell’art. 85 del D.P.R. n. 115/2002, gli è fatto assoluto divieto di chiedere o percepire dal suo assistito compensi o rimborsi a qualunque titoli diversi da quelli liquidati dal Giudice.
Il presupposto di detta norma è, peraltro, l’operatività dell’istituto, ovverosia il fatto che il cittadino non abbiente, una volta ammesso al patrocinio a spese dello Stato, abbia poi effettivamente dato corso all’azione giudiziaria in quanto solo l’effettiva proposizione dell’azione stessa consente l’applicazione del meccanismo sopra menzionato concernente la liquidazione del compenso al difensore.
Qualora, invece, il cittadino non abbiente non promuova l’azione, ciò comporta necessariamente la sua decadenza dall’ammissione al patrocinio a spese dello Stato e, comunque, la sopravvenuta non concessione del patrocinio medesimo.
Dunque, in tale eventualità il difensore non può più ritenersi vincolato ad una norma che presuppone la vigenza e validità di detta ammissione, anche perché, non essendo stata proposta l’azione, non vi sarebbe neppure alcun Giudice deputato a liquidare il compenso, fermo restando che la liquidazione da parte dell’Autorità Giudiziaria del compenso del difensore è, comunque, indissolubilmente subordinata alla effettiva instaurazione di un giudizio.
Nel senso che il patrocinio a spese dello Stato non può essere concesso in relazione ad un’attività che rimanga di natura stragiudiziale per la mancata instaurazione di un processo si è espresso anche il Tribunale di Torino con decreto del 17 Febbraio 2006, in Banca Dati Juris Data Giuffré, con il quale è stato sottolineato come il disposto degli articoli 74, 75, 122 e 24 del D.P.R. n. 115/2002 dimostri chiaramente che l’istituto possa trovare applicazione solo in relazione ad un “processo”.
Ne consegue che il difensore potrà rivolgersi direttamente alla parte da lui assistita in relazione all’attività professionale svolta in funzione di un giudizio che la parte assistita stessa, dopo essere stata ammessa al patrocinio a spese delle Stato, abbia poi deciso di non instaurare, con conseguente sua decadenza dall’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
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