E’ stato chiesto se è consentito a degli avvocati di svolgere in forma totalmente gratuita, aderendo all’iniziativa posta in essere dall’Associazione “Avvocato di Strada”, un’attività di consulenza e assistenza legale, sia giudiziale che extra-giudiziale, a favore di soggetti non abbienti privi di fissa dimora, e dunque che non possiedono neppure il requisito della residenza richiesta per l’accesso all’istituto del patrocinio a spese dello Stato, da espletarsi mediante un apposito sportello che sarà attivato da una Onlus che da anni si occupa delle problematiche delle persone senza dimora e che farà da tramite tra gli avvocati e gli utenti del servizio.
Il Consiglio dell’Ordine, ha precisato che non vi è dubbio che gli scopi dell’iniziativa diretta a svolgere, in forma totalmente gratuità attività professionale secondo le finalità dell’Associazione “Avvocato di Strada” costituita con atto Notaio Panzera di Bologna del 23 Febbraio 2007 (repertorio n. 32819 – raccolta n. 7436) – finalità che a norma dell’articolo 2 dello Statuto di detta Associazione consistono nel “promuovere l’attività di assistenza legale gratuita a persone senza fissa dimora, in ogni eventuale controversia giudiziaria ed anche in via stragiudiziale, incentivare la nascita di sportelli Avvocato di Strada in tutte le città dove vi è una presenza di persone senza fissa dimora, garantire a livello nazionale la fedeltà all’idea originaria degli sportelli, la rappresentatività nei confronti delle istituzioni nazionali, la valorizzazione delle singole esperienze locali di attivazione degli sportelli, la raccolta di studi, ricerche e giurisprudenza su tematiche giuridiche specifiche relative alle persone senza fissa dimora…”, il tutto tramite attività di volontariato ed a vantaggio della comunità da effettuarsi prevalentemente tramite le prestazioni personali, gratuite e volontarie fornite dai propri aderenti, ai quali possono essere rimborsate dall’Associazione solo le spese effettivamente sostenute per l’attività prestata, previa documentazione ed entro i limiti preventivamente stabiliti dall’Associazione stessa, con la precisazione che ogni forma di rapporto economico con l’Assicurazione medesima, anche derivante da lavoro dipendente o autonomo, è incompatibile con la qualità di socio – sono caratterizzati da quei particolari motivi etico-sociali che, a norma della giurisprudenza della Suprema Corte, ancor prima dell’introduzione delle nuove norme che hanno abrogato i minimi tariffari, giustificavano lo svolgimento in forma anche totalmente gratuita della professione forense, salvo che la rinuncia al compenso si risolvesse in un espediente del legale per conseguire maggiori vantaggi economici attraverso un non consentito accaparramento di affari futuri (cfr. Sent. Cass. Civ., Sez. Lav., 29 Novembre 1988, n. 6449, n. 10393; Sent. Cass. Civ., Sez. Lav., 13 Giugno 1983, n. 13008), ragione per cui l’attività suindicata può ritenersi pienamente legittima sotto il profilo ordinamentale e deontologico.
In tal senso depone anche la giurisprudenza del Consiglio Nazionale Forense secondo cui pone in essere una condotta deontologicamente corretta l’Avvocato che offra gratuitamente e in modo indifferenziato la propria attività professionale al servizio dei cittadini di un Comune, ove detta gratuità sia determinata ed ispirata da motivi esclusivamente etici e sociali (Cons. Nazionale Forense, 28 Dicembre 2005, n. 217).
Del resto, anche indipendentemente dai sopra menzionati principi enunciati dalla Suprema Corte, non si può non rilevare che l’attività in questione, diretta ad assistere in modo del tutto gratuito persone non abbienti e senza fissa dimora, sia ispirata a meritevoli motivazioni di natura etico-sociale e costituisca, dunque, una particolare (ed encomiabile) modalità di esercizio della professione forense, pienamente rispondente al precetto (art. 12 del R.D.L. n. 1578/1933) che impone agli avvocati di adempiere al loro ministero con dignità e con decoro.
A ciò si aggiunga che, considerata la natura dei soggetti a favore dei quali sarà esercitata l’attività in questione, non è ipotizzabile che l’attività stessa non sia svolta del tutto disinteressatamente e per scopi meramente umanitari, senza alcun secondo fine e senza, quindi, che la medesima possa configurare un modo per violare il divieto di accaparramento di clientela, dato che non è assolutamente pensabile che da detta attività possa derivare un ritorno o un vantaggio in termini economici.
Ne consegue, quindi, che l’attività in questione, se esercitata in modo conforme alle sopra richiamate finalità e modalità, non solo, non ponendosi in conflitto con alcuna norma deontologica e/o ordinamentale, può essere liberamente esercitata, ma anzi deve ricevere il plauso dell’avvocatura, in quanto particolarmente meritoria per le motivazioni etico-sociali che la contraddistinguono.
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