Con questa Sentenza, la Suprema Corte di legittimità ricorda che le accuse contenute in un esposto indirizzato ad un Consiglio dell'Ordine Forense da parte di un cliente nei confronti del proprio difensore, non necessariamente rivestono contenuto diffamatorio.
Invero, questa condotta può rientrare nell'ipotesi dell'esercizio di un diritto, scriminata ai sensi dell'art. 51 c.p., sub specie dell'esercizio del diritto di cronaca, per il quale valgono le condizioni ad esso proprie ai fini della sua invocabilità: pertanto, le accuse debbono avere un fondamento o, almeno, l'accusatore deve essere fermamente ed incolpevolmente (ancorchè erroneamente) convinto di quanto afferma.
All'uopo, l'imputato non deve fornire la prova dei fatti che asserisce, essendo sufficiente l'onere di allegazione degli elementi necessari all'accertamento dei fatti che siano idonei, ove riscontrati, a contemplare la causa di giustificazione in esame.
Inoltre, la Corte di Cassazione ammonisce anche sul fatto che rimane in ogni caso doveroso lo scrutinio circa la ricorrenza della causa di non punibilità prevista dall'art. 598 c.p., alla stregua della quale non sono comunque punibili (penalmente) le offese contenute negli scritti presentati davanti all'Autorità Giudiziaria/Amministrativa, quando le offese concernono l'oggetto della causa o, come nel caso di specie, del ricorso amministrativo.
a cura di Devis Baldi