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giurisprudenza

Non si può revocare, de iure condito, l’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato concesso ad una presunta persona offesa che successivamente venga condannata per calunnia (Corte Cost., Sent., 11 marzo 2020, n. 47)

Nel caso in esame il giudice a quo aveva sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 112 del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 (T.U. spese di giustizia), per contrasto con l’art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede la possibilità di revoca del decreto di ammissione al patrocinio a spese dello Stato in caso di “acclarata mancanza della veste di persona offesa”.

Nello specifico, infatti, un soggetto che aveva beneficiato dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato in qualità di persona offesa, era poi stato incolpato e condannato per il reato di calunnia.

Orbene, con una pronuncia “monito”, la Corte riconosce che per tutti i processi diversi da quello penale, una volta riconosciuto il suddetto beneficio, è previsto che venga disposta la revoca dell’ammissione allo stesso, qualora risulti che l’interessato ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave.

Pertanto, analogamente, potrebbe estendersi l’eadem ratio anche al processo penale qualora si appuri che la presunta persona offesa, anziché fungere da supporto al pubblico ministero, ne intralci l’operato e lo tragga in inganno, accusando un terzo di un reato nella piena consapevolezza della sua innocenza.

Tuttavia, la Corte Costituzionale chiarisce che ciò non può portare ad una pronuncia di accoglimento.

Osserva infatti la Corte che l’istituto del patrocinio a spese dello Stato è riconducibile alla disciplina processuale, una materia ove il legislatore gode di ampia discrezionalità, con il solo limite della manifesta irragionevolezza o della arbitrarietà delle scelte adottate.

La presente Q.L.C. possiede un “cospicuo tasso di manipolatività” e mira ad introdurre una nuova ipotesi di revoca del decreto di ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato non prevista dal legislatore, implicando una scelta distonica rispetto a quella effettuata dalla legge, nella misura in cui si è scelto di non operare alcuna distinzione tra i soggetti del soggetto penale (ossia, siano essi imputati o persone offese del reato).

Ne consegue la dichiarazione di inammissibilità della questione di costituzionalità proposta dinanzi al giudice ad quem.

 

A cura di Devis Baldi